Ucraina, il filo-russo Petrocelli (M5S) non molla la poltrona. E il Pd invoca la “moral suasion”

6 Apr 2022 18:42 - di Michele Pezza
Petrocelli

Un filo-russo alla presidenza della commissione Esteri di un Paese Nato mentre infuria la guerra nel cuore dell’Europa. Dovevano sbarcare i grillini in Parlamento per farci vedere quel che non vedemmo neppure ai tempi d’oro di quel Pci legato a filo doppio agli ordini e ai rubli di Mosca. Grillino è infatti Vito Petrocelli. Lo è anche mentre scriviamo, dal momento che – informano le agenzie di stampa – il direttivo M5S del Senato non ha ancora  deciso la sua espulsione dal gruppo. Più precisamente, il direttivo non si è proprio riunito. Misteri pentastellati che tengono ormai da tempo impantano il MoVimento nelle sabbie mobili delle carte bollate. Sul loro immobilismo su Petrocelli pesano infatti i precedenti negativi (verificatesi proprio al Senato) e che hanno portato ad una successiva riammissione dei senatori espulsi.

Petrocelli è presidente della commissione Esteri del Senato

È il caso, ad esempio, di Barbara Lezzi o Elio Lannutti esclusi e poi riammessi dagli organismi interni di Palazzo Madama. Tanto è vero che furono poi loro a scegliere di rientrare. Per venire a capo della resistenza di Petrocelli occorrerebbe perciò la sua espulsione dal M5S. È il Collegio dei Probiviri ad avviare la procedura, dandone notizia al diretto interessato, al presidente e ai garanti. Al momento, tuttavia, non sembra che qualcuno l’abbia attivata. E neanche è detto che riuscirebbe. Petrocelli, infatti, potrebbe continuare a restare presidente anche in questo caso, dal momento che il Regolamento impedisce di sfiduciarlo. Per farlo occorrerebbero dimissioni di massa degli altri commissari.

I grillini impantanati

Sia come sia, del suo caso non si è discusso  neppure durante la conferenza dei capigruppo del Senato. «Non è tema da capigruppo e comunque non se n’è parlato», ha dichiarato  la presidente dei senatori del Pd, Simona Malpezzi, che ha invocato una «moral suasion» per farlo dimettere. Nei giorni scorsi alcuni parlamentari avevano ipotizzato di provare a uscire dall’impasse affrontando la questione al tavolo dei capigruppo e quindi anche con la presidenza del Senato. In realtà, l’unico precedente che si ricordi è quello di Riccardo Villari alla presidenza della Vigilanza Rai. Il parlamentare si asserragliò per tre mesi nel suo ufficio per arrendersi solo quando Fini e Schifani, rispettivamente presidenti di Camera e Senato revocarono i commissari della bicameralina. Petrocelli potrebbe subire analogo trattamento.

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