Rampelli: «Dobbiamo difendere l’indipendenza per non diventare schiavi»

30 Apr 2022 19:27 - di Redazione
rampelli

Dalla difesa dell’indipendenza nell’Antica Grecia alla difesa dell’indipendenza politica, alimentare, energetica, economica, passando per l’Impero Romano per poi finire con una frase del fondatore di Dubai. Alla Conferenza programmatica di FdI a Milano, il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, ha aperto i tavoli tematici con un intervento pieno di riferimenti culturali e centrato sul tema dell’indipendenza.

Rampelli ricorda la “scoperta” dell’indipendenza

«Nella filosofia – ha detto Rampelli – ci s’imbatte tardi in questo termine. Ci si è interrogati su felicità, amore, natura, sul rapporto tra etica e politica, non sull’indipendenza. Anche se Epicuro 300 anni prima della nascita di Cristo scriveva che il supremo frutto dell’autosufficienza è la libertà». «Autosufficienza e libertà – ha ricordato il vicepresidente della Camera – sono parenti stretti dell’indipendenza. La cultura romana diffondeva l’autorità imperiale, quasi il contrario dell’indipendenza, però garantiva nella civilizzazione delle terre conquistate autonomia culturale e giuridica. Un gradino al di sotto dell’autosufficienza, della libertà, dell’indipendenza».

Quando perdere l’indipendenza era perdere la dignità

«La Grecia – ha proseguito Rampelli – si ribellò all’avanzata persiana per non finire sotto un altro mondo. I troiani resistettero per anni all’assedio degli Achei per non essere sottomessi. La perdita dell’indipendenza nel mondo antico era perdita di dignità. Regine e principesse sarebbero state trasformate nelle ancelle dei vincitori o vendute al mercato degli schiavi. È la paura di perdere la libertà che dà la forza al popolo ucraino di resistere ai bombardamenti, che induce Svezia e Finlandia a chiedere l’adesione alla Nato. Gli americani si ribellarono all’impero britannico, come Gandhi e la sua India attraverso il sublime esempio della non violenza».

Rampelli: «Chi ha voluto che l’Italia perdesse la dignità?»

Ma, si è chiesto Rampelli, «se il frutto dell’autosufficienza è la libertà, chi ha voluto che l’Italia perdesse la propria dignità, chi le ha strappato l’indipendenza? La lista dei colpevoli è lunga, la indagheremo un’altra volta… Quel che è certo – ha affermato – è che la nostra missione resta di riconquistarla, l’indipendenza». «Noi – ha chiarito Rampelli – dobbiamo ribellarci alla trasformazione dell’Italia e dell’Europa in una gigantesca piattaforma commerciale e terziaria, dove si consumano prodotti realizzati altrove e riprendere il gusto di valorizzare le nostre materie prime, produrre ricchezza, essere protagonisti dello sviluppo economico e sociale, prima che finanziario. Dobbiamo combattere la dipendenza da nazioni straniere. Dobbiamo difendere la nostra indipendenza politica».

La necessità di una «democrazia decidente»

E questo, per Rampelli, «vuol dire rendersi conto della crisi delle democrazie e riformarle, restituire il diritto alla partecipazione, come nel caso dell’elezione diretta del presidente della Repubblica da parte dei cittadini, a dimostrare che una democrazia può essere decidente e autorevole. E la democrazia è decidente se protegge il principio dell’alternanza, che significa rilanciare il modello bipolare: centrodestra contro centrosinistra. Nel nostro caso conservatori, nazionalisti e popolari alternativi alla sinistra e liberi di dare gli indirizzi all’economia e alla finanza. L’indipendenza dalle oligarchie passa per una riforma che rafforzi la democrazia».

Essere «persone forti» sempre

Quindi Rampelli in ossequio alla prassi per cui «di solito si conclude una riflessione con una frase a effetto» ha voluto citare «una confessione proveniente dalla parte opposta del mondo occidentale, gli Emirati arabi». «Sheikh Rashid, fondatore di Dubai (altro che questi tre grattacieli mezzi storti) dice: “Mio nonno camminava con il cammello, mio padre camminava con il cammello, io giro con auto di lusso, mio figlio e mio nipote girano con auto di lusso, il mio bisnipote camminerà di nuovo con il cammello”. Perché i tempi difficili creano persone forti, le persone forti creano tempi facili, i tempi facili creano persone deboli, le persone deboli creano tempi difficili». Insomma, «la morale di questi sillogismi orientali – ha concluso il vicepresidente della Camera – è però tutta occidentale e ci rappresenta: noi vogliamo essere persone forti sia in tempi facili che in tempi difficili».

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