La “patata bollente” di Petrocelli è incandescente. L’alleato Pd contro la melina dei grillini: ambigui

28 Apr 2022 15:58 - di Chiara Volpi
Petrocelli

M5S e Petrocelli alle corde. L’alleato Pd insiste per la cacciata, ma i grillini fanno melina con la supercazzola dei regolamenti. Insomma, l’iter si fa sempre più farraginoso, e risolvere la vexata questio Petrocelli diventa un rebus. Il grillino contestato. Intimato di espulsione. E per cui, dopo la supercazzola della cacciata “regolamentata” dalle modifiche della precettistica pentastellata, il suo “spostamento si fa sempre più difficoltoso e la sua “cacciata” sempre più farraginosa. Lui, nel frattempo, non molla. Né incarico, né poltrona. Così, il temporeggiatore che – dopo l’amore per Putin (con tanto di Zeta dei carri armati di Mosca) esibisce dichiarazioni bellicose contro Israele – per il momento “resiste, resiste, resiste”. Con gli alleati del Pd – e gli acerrimi detrattori di Iv – che insistono a disarcionarlo.

M5S e Petrocelli, i grillini temporeggiano con la supercazzola dei regolamenti

Insomma, la “patata bollente” di Petrocelli si fa incandescente: con l’alleato Pd che insiste per la “cacciata”. E i grillini temporeggiano invocando regole, regolamenti e codicilli. È questa, in uno stringato riassunto delle “puntate precedenti”, l’ultima rogna sul tavolo di Conte. Sì, perché come abbiamo scritto anche ieri, «nella nuova versione del regolamento la figura del “capo politico” viene sostituita con quella del ‘presidente del Movimento 5 Stelle’. Ma soprattutto vengono introdotte delle garanzie per il parlamentare raggiunto da sanzioni disciplinari. Come appunto la sospensione o l’espulsione». Inoltre, «sono in ogni caso espulsi dal gruppo i componenti del gruppo che aderiscano ad altro gruppo parlamentare. Ovvero i componenti che siano esclusi dal Movimento 5Stelle, in conformità con le procedure dello statuto del Movimento 5Stelle».

L’alleato Pd e il nemico renziano marcano stretti…

Il caos in corso da settimane si aggiorna dunque ad oggi. O meglio, al nodo di oggi dello scontro, che verte principalmente nello spostamento del presidente della commissione Esteri: per i 5 Stelle non si può fare da regolamento del Senato. Per tutti gli altri gruppi, però, non è così. Mentre sale il sospetto tra i senatori di maggioranza che manchi «la volontà politica» da parte dei 5 Stelle di chiudere il caso. «Il regolamento è estremamente chiaro», sostiene la presidente dei senatori 5 Stelle, Mariolina Castellone. E aggiunge: «Non è nostra intenzione fare forzature che potrebbero determinare un precedente pericoloso».

Petrocelli, Malpezzi: «Secondo noi lo spostamento è fattibile e va fatto senza indugio»

Come anticipato, però, dai banchi della sinistra né la capogruppo Pd, Simona Malpezzi. Né quello di Iv, Davide Faraone, la pensano allo stesso modo. Anzi, per loro le cose non stanno così. «Secondo noi lo spostamento è consentito dal regolamento. È fattibile. E a nostro giudizio va fatto senza indugio: è la via maestra», incalza la Malpezzi. E stretto giro rimarca anche: «Prendiamo atto della posizione espressa dalla presidente del gruppo 5S. Ma come Pd ribadiamo che Petrocelli non può continuare a fare il presidente. Risolvere il problema di una commissione Esteri impossibilitata a funzionare nel mentre c’è una guerra in Europa è urgente».

Faraone accusa tutto il M5S: ha una posizione preoccupante ed ambigua sulla guerra»

Faraone prova a stare in campo e chiede la palla sul precedente del caso Gubert, presidente di commissione che venne sostituito. Caso che «ieri è stato portato a esempio in Giunta per il Regolamento come soluzione più rapida per uscire da questa intollerabile impasse», riferisce il presidente dei senatori Iv. Secondo cui, a questo punto, è evidente «che il M5S non ha alcuna intenzione di far decadere Petrocelli da presidente della commissione Esteri, le parole della capogruppo Castellone non lasciano dubbi in proposito». E dimostrano «ancora una volta l’ambiguità di un partito che ha una posizione preoccupante ed ambigua sulla guerra».

Scontro su Petrocelli: per M5S non si può spostare. Per Pd e Iv «non è così»

dunque, provando a fare la somma e arrivare a un risultato: tra i senatori di maggioranza sale il dubbio che manchi la “volontà politica” di spostare Petrocelli da parte dei 5 Stelle. Tanto che, un senatore di lungo corso, all’Adnkronos la mette così: «Il problema è di volontà politica. La Castellone non vuole spostare Petrocelli perché evidentemente, rispetto a tutti gli altri gruppi, ha un’idea diversa su quanto sia urgente, anzi urgentissimo con la guerra in Europa avere una commissione Esteri in grado di funzionare e non paralizzata perché presieduta da un presidente ormai privo di ogni credibilità politica in Italia e all’estero»…

Petrocelli, la “patata bollente” passa al gruppo Misto?

Oppure, altra lettura, è quella che la presidente Castellone voglia “scaricare” nelle mani della presidente del Misto, Loredana De Petris, la “patata bollente” del caso Petrocelli, una volta che sarà terminato l’iter di espulsione dal gruppo M5S. Ma, come la matematica insegna, sia come sia «il punto politico è: è tollerabile aspettare tutto il tempo che richiede lo svolgersi di questa catena di eventi?».

Ai vertici del Movimento l’ardua sentenza…

Dal punto di vista del regolamento del Senato, spiegano fonti parlamentari all’Adnkronos, «finché fa parte del gruppo – e Petrocelli fa ancora parte del gruppo M5S dato che l’iter di espulsione dal gruppo è lungi dall’essersi concluso – può benissimo essere spostato dal presidente del gruppo cui appartiene. Basta che il presidente voglia farlo. La cosa è pacifica. Non vi è alcun impedimento giuridico. Nessuna norma regolamentare lo impedisce». E la patata bollente di cui sopra passa ai vertici… grillini.

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