Alla procura di Milano sbarca il ‘papa straniero’. Eletto il forestiero Marcello Viola. Discontinuità?
La procura di Milano riparte da un “papa straniero” dopo la stagione dei veleni. La “profezia” temuta da molti, e che negli ultimi tempi ha sempre preso più piede, diventa realtà. Così dopo 50 anni a Palazzo di giustizia fa ingresso Marcello Viola. Uno straniero, appunto. Procuratore generale di Firenze, che tra questi corridoi non ha un passato. Ha però dalla sua un lungo curriculum fatto non solo di lotta alla mafia negli anni in cui ha lavorato a Palermo e Trapani. Un uomo ‘del fare’, dicono. Senza troppi legami e vincoli. Viola dovrà adesso guidare una Procura che si è distinta, spesso, per diatribe interne e per un livello di conflittualità mai raggiunto prima.
Alla procura di Milano sbarca Marcello Viola
Un clima da ‘guerra fredda’ che ( stando a chi parla al quarto piano) è stato pagato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli. Che ha raccolto un misero bottino elettorale, solo sei voti. E non ha potuto giocare fino in fondo le carte di una professionalità che i colleghi non mettono in discussione. “Romanelli ha subito colpe non sue”, dice una toga. “E ha pagato una nomina che arriva nel momento sbagliato”. “Umanamente – dice un altro magistrato – spiace tanto. Ma a Milano si è voluto dare, a torto o a ragione, un segnale di discontinuità”, “Aspettiamo di conoscere Viola, qui nessuno ha dei pregiudizi verso di lui anzi siamo impazienti di ripartire”, dicono un po’ tutti. Senza sbilanciarsi.
Romanelli si ferma a sei voti
Se c’è chi aveva creduto alla possibilità che Romanelli potesse battere la concorrenza, c’è anche chi parla di un “esito ampiamente previsto. Viola partiva dalla posizione di procuratore generale. E la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato deponeva a suo favore. In procura sono piaciute le prime parole del neo-procuratore rivolte a uno degli uffici giudiziari italiani con più storia, tradizione e professionalità. L’idea di lavorare mettendoci “il massimo dell’impegno”, ma anche di farlo “in silenzio” e contando “molto sulla collaborazione dei colleghi” con l’obiettivo di soddisfare interessi comuni e non personali vieni visto, “è il miglior biglietto da visita possibile che potesse offrire a Milano“.