Ucraina, Stefania Craxi: «Serve un surplus di politica, il governo non è il Cda di una banca»

16 Mar 2022 11:04 - di Luciana Delli Colli
stefania craxi

La miopia dell’Occidente, che si è crogiolato sulle rovine del Muro e che non ha colto, in anni più recenti, i segnali che arrivavano da Putin. Ma anche la necessità di mantenere questo fronte unito, perché dopo la guerra in Ucraina «ci troveremo di fronte a una sorta di guerra fredda 2.0, molto più complessa e, per molti versi, assai più drammatica». Stefania Craxi analizza lo scenario della guerra, guardando a quello che è stato e a quello che sarà, senza fare sconti e con un richiamo alla «notte di Sigonella», perché «oggi come allora occorre impedire che il sistema internazionale venga guidato dalle leggi della prepotenza e non da quelle del diritto internazionale».

Stefania Craxi: «L’Occidente ha ignorato troppi segnali»

La lezione del padre, dunque, continua a permeare lo sguardo della senatrice e vicepresidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama, che al cronista di Libero che le chiede «cosa avrebbe fatto Bettino in questa crisi» ha risposto con sottile sarcasmo che «a casa Craxi non siamo usi dedicarci alle sedute spiritiche». Epperò, Stefania, che sempre si riferisce al padre col cognome o col nome e mai con un appellativo familiare, ha ricordato che «di Craxi era nota la lungimiranza e la profonda conoscenza del sistema internazionale e dei suoi meccanismi». «Di certo non avrebbe sottovalutato i tanti segnali che erano già evidenti da tempo» e che invece «sono stati ignorati, specie in Europa». L’invasione della Crimea, la crisi nel Donbass «rispondono a un disegno strategico, anche se Putin, provenendo dalle fila del Kgb, da grande dissimulatore ha confuso le acque».

Il prezzo di aver rinunciato alla difesa dei valori

Contemporaneamente, «nei rapporti con la Russia c’è stata una involuzione: dobbiamo pensare che nel 2002 Putin entra nel Consiglio Nato-Russia». Ma nel tempo «l’Occidente ha erroneamente pensato che l’89 avrebbe decretato la “fine della storia”» e, capofila la Germania, si è concentrato solo sul mercato, su una «visione mercantilistica», «rinunciando a un disegno politico che difendesse anche i nostri valori». «Una visione miope», della quale ora paghiamo il prezzo. Ma, ha chiarito la senatrice azzurra, «non mi sento di condannare chi gli aveva fatto una apertura di credito, visto che tutti speravamo in una evoluzione diversa della Federazione Russa».

«La pace disarmata sta solo nel campo dell’ideale»

«Craxi era un uomo di pace, che ha sempre privilegiato gli strumenti del dialogo e della politica. Ma era un anche un uomo concreto, sapeva bene che la pace disarmata sta solo nel campo dell’ideale e la pace armata nel campo del reale. Non a caso, fu il politico italiano che determinò l’installazione degli euromissili, atto che contribuì alla caduta del Muro di Berlino e alla dissoluzione del mondo sovietico», ha proseguito Stefania Craxi, ricordando che «fermezza e diplomazia non sono strumenti inconciliabili».

La lezione ancora valida della «notte di Sigonella»

«Più si è deboli e meno forza si ha in qualsiasi trattativa. Oggi – ha commentato – seppur in un contesto assai diverso, si ripropongono in qualche modo le ragioni che sottesero alla notte di Sigonella. Oggi come allora occorre impedire che il sistema internazionale venga guidato dalle leggi della prepotenza e non da quelle del diritto internazionale».

La questione energetica e la debolezza di Europa e Italia

Dunque, bene le sanzioni, che «sono una risposta possibile. Hanno effetti bidirezionali, è vero. Ma possono scardinare e far venire a più miti consigli la Russia. Le sanzioni siano applicate, bisogna tener duro su questo». Insieme, però, è necessario lavorare sulla diversificazione dell’approvvigionamento energetico, «per cui scontiamo gli errori del passato». «È un tema prioritario per l’Europa e per l’Italia se si vogliono evitare condizionamenti e dipendenze. Per questa ragione, e torno a una visione profondamente “craxiana”, dobbiamo tornare necessariamente a guardare al Mediterraneo. Avere abbandonato quella rotta – ha detto – è stato un errore per l’Europa e, per l’Italia, ha comportato anche una perdita di ruolo internazionale».

Uno scenario da «guerra fredda 2.0»

«Di certo questa guerra è uno spartiacque: ci troveremo di fronte a una sorta di guerra fredda 2.0 molto più complessa e, per molti versi, assai più drammatica. I nostri avversari saranno sistemi autocratici diventati nel frattempo potenze economiche e militari. Penso su tutti alla Cina, e vedo purtroppo troppi distinguo e troppi tentennamenti tra gli intellettuali nostrani e persino nel Parlamento. Serve un vero e nuovo progetto di costruzione europea. Questa crisi internazionale, alle porte di casa nostra, ci mostra l’Europa che non c’è e di cui avremmo bisogno».

Il governo? «Non è un CdA di banca, serve un surplus di politica»

Quanto alle mosse del governo, per Craxi, «sulla vicenda ucraina Draghi ha le idee ben chiare. Certo, nel governo del Paese incontra, in parte come è normale che sia con una maggioranza così larga, alcune problematiche che debbono affrontarsi con un surplus di politica. All’atto pratico, il nostro sistema politico, per quanto scalcinato, e in parte anche proprio per questo, non è esattamente il CdA di una banca, dove – ha concluso la senatrice – decide uno solo e gli altri ratificano».

 

 

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