Sanzioni alla Russia, l’Italia torna al carbone. Visco: la sicurezza energetica ha un costo

14 Mar 2022 10:35 - di Paolo Lami

L’Italia torna al carbone, le sanzioni alla Russia colpiscono, prima di tutto, il nostro Paese nel cosiddetto percorso di decarbonizzazione, cioè il tentativo di affrancarsi dalla fonte energetica più inquinante, un percorso che, ammette il governatore della Banca d’Italia, Visco, andrà rallentato, alla faccia dei piagnistei e dei capriccetti di Greta Thumberg.

È uno dei prezzi che l’Italia è costretta a pagare per le sanzioni che Biden ha deciso di imporre alla Russia dopo aver detto fuori dai denti che per gli Stati Uniti non cambia una virgola poiché hanno l’autosufficienza energetica. E quindi se ne possono tranquillamente infischiare se Putin chiude i rubinetti.

Non l’Italia, invece, che è costretta a fare i conti con la miope politica energetica adottata in questi anni e con la dipendenza da Mosca per il gas.

La spocchia infantile con cui Draghi e Di Maio hanno affrontato la questione delle sanzioni e del gas russo viene svelata oggi da Visco così come l’inutilità del blitz del ministro degli Esteri italiano in Algeria per questuare un’alternativa energetica tornando poi a casa senza nulla in mano, se non vaghe promesse.

Il “rafforzamento della sicurezza energetica, come ogni assicurazione, comporta dei costi” ma “pone anche difficili dilemmi” come il “garantire approvvigionamenti più sicuri nell’immediato e assicurare la sostenibilità economica e ambientale nel medio e lungo periodo – ammette Visco, aprendo i lavori della XIII Conferenza con il Maeci dal titolo ‘Transizione energetica, finanza e clima: sfide e opportunità‘. – Potrebbe essere necessario discostarsi, temporaneamente, dal sentiero di decarbonizzazione intrapreso, ad esempio rallentando la dismissione delle centrali a carbone, ma occorre evitare che questi scostamenti inducano incertezza sui piani a medio termine, con l’effetto di scoraggiare gli investimenti indispensabili a realizzare la transizione energetica“.

Per ora gli effetti delle sanzioni sull’Italia ancora non si vedono perché, come ha detto il Ceo di Gazprom qualche giorno fa e come ha confermato il ministro Patuanelli, la Russia continua a rifornirci e a rifornire l’Europa come se nulla fosse. E anzi, hanno assicurato i due, Mosca ha aperto ancora di più i rubinetti perché l’Europa chiede ancora più gas, più del solito. E, d’altra parte, nelle casse di Putin entra un miliardo al giorno. Per quale motivo il leader russo dovrebbe spontaneamente rinunciarci?

Nel braccio di ferro ingaggiato con la Russia per imporle le sanzioni bisogna fare i conti con l’economia reale. Portare le cose alle estreme conseguenze non conviene a Putin. Ma non conviene neanche all’Italia che, con Draghi e Di Maio, ha rispolverato quel cerchiobottismo tartufesco con cui è stato governato per decenni il Paese.

Resta ancora da capire perché nessuno, né il governo – ma neanche un magistrato – intervenga a tutelare gli italiani dai rialzi dei prezzi delle materie energetiche che sono, in tutta evidenza, solo speculativi e strumentali, come ha ammesso lo stesso ministro Patuanelli.

 

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