Chiude il Cts, la fabbrica dei virologi superstar: troppi errori e troppo narcisismo

30 Mar 2022 11:03 - di Giorgia Castelli
Cts

Cts addio. Domani con la fine dello stato d’emergenza Covid, il Comitato tecnico scientifico che ha regolamentato le nostre vite con divieti e restrizioni finalmente va a casa. Oggi al ministero della Salute c’è una “festa d’addio”. In due anni ne hanno fatto parte quaranta membri: una trentina nella prima versione, con il governo Conte. Mentre undici gli esperti impegnati con Draghi. Il Cts? In questi due anni è stato molte cose, «suggeritore delle decisioni, capro espiatorio, supporto nei momenti più duri ma anche semplice certificatore di scelte fatte altrove. Accusato a volte di essere troppo tecnico e altre, all’opposto, di essere troppo politico». Lo scrive La Repubblica che racconta la sua “storia attraverso le carte”. Eccone alcuni stralci. Si parte dall’ultimo verbale in cui si stigmatizza la fuga di notizie. «Nel verbale del 4 febbraio scorso, il coordinatore Franco Locatelli, riprende i colleghi “stigmatizzando un deplorevole episodio”, la “divulgazione ai mezzi d’informazione, da parte di un membro, degli esiti della riunione scorsa” sulla scuola».

Cts: la prima fase

La prima riunione risale al 27 febbraio 2020. «In quei giorni si naviga a vista.
Comunque il Cts “valuta positivamente le decisioni sinora adottate dalle autorità italiane”. Tra queste c’è la scelta, molto criticata, di mandare comunque a scuola chi negli ultimi 14 giorni è rientrato dai Paesi a rischio». Il 4 marzo c’è la prima rottura rispetto alla linea del governo. «Il ministro Roberto Speranza chiede un parere sulla chiusura delle scuole. “Non esistono adesso dati che indirizzino inconfutabilmente sull’utilità della misura – scrivono i tecnici – Un’eventuale chiusura della scuola è efficace solo se di durata prolungata”. E in effetti le due settimane di stop inizialmente stabilite dal governo diventano poi più di tre mesi. Le scuole riaprono a settembre».

Le contrapposizioni tra aperturisti e chiusuristi

Altro capitolo. Le contrapposizioni tra aperturisti e chiusuristi.  «Con le chiusure – dice un tecnico – non c’erano contrapposizioni con la politica e anche tra noi i litigi erano rari. Quando si è iniziato a ragionare sulla ripartenza di certe attività sono iniziate le pressioni di Regioni, ministeri e categorie». E così si sono formati gli schieramenti. «Ci sono gli “aperturisti”, come il coordinatore Agostino Miozzo, il segretario Fabio Ciciliano, e Roberto Bernabei, geriatra del Gemelli, a volte affiancati da Locatelli. Poi ci sono i “chiusuristi”: il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, il capo della Prevenzione del ministero Gianni Rezza, il tecnico Inail, ora al ministero, Sergio Iavicoli. Giuseppe Ippolito dello Spallanzani, ora anche lui al ministero, si alterna tra gli schieramenti. Storici gli scontri con Miozzo e Bernabei».

Cts, lo scontro sulle messe

La Cei sollecita la ripresa delle messe. Ma il 25 aprile 2020 il Cts risponde: «Pur essendo largamente riconosciuta e ampiamente sentita l’esigenza di culto, si ritiene che la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’Eucaristia». Il giorno dopo la Cei attacca: «Il governo Conte viola la libertà di culto».
Nel comitato scoppiano le tensioni. «Per Ippolito – ricorda il quotidiano – se si riaprono le chiese vanno riaperti anche cinema e teatri. Gli esperti che lavorano al Bambin Gesù (come Locatelli e il pediatra Alberto Villani) e alla Cattolica spingono per il sì alla Cei. Alla fine le messe tornano il 18 maggio».

La decisione di bloccare lo sci

Poi la decisione di bloccare lo sci. Gli impianti dovevano aprire il 15 febbraio 2021 ma il 12, gli esperti scrivono: «Viste le mutate condizioni epidemiologiche e in relazione alla diffusa circolazione delle varianti, non appaiono sussistere condizioni per ulteriori rilasci delle misure».

Il secondo Cts e le polemiche

E infine, il quotidiano ricorda un altro episodio sul secondo Cts. «”Sì, è il momento giusto per chiuderlo”, dice uno dei membri del secondo Cts. Del resto “la politica ha rapporti solo con il coordinatore e il portavoce”, cioè Locatelli e Brusaferro. Sono loro a partecipare alle Cabine di regia del governo. “Nel Cts non si condivide nulla, arrivano con decisioni già prese e alcuni colleghi nemmeno intervengono”. E così ci sono state polemiche dopo che Locatelli, in conferenza stampa con il premier Mario Draghi il 10 gennaio, ha detto che “nel Cts non c’è stata nessuna voce dissonante rispetto alle misure adottate. Ho letto di critiche nel comitato sulla riapertura della scuola, che hanno lamentato la mancata discussione ma la tematica è stata affrontata in 7 riunioni diverse e ogni volta la posizione è stata unanime”».

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