Tonga, 84.000 persone colpite dall’eruzione, case distrutte. Ora il rischio è la cenere

20 Gen 2022 13:57 - di Redazione
Tonga

Sono circa 84mila le persone – pari all’80 per cento della popolazione – , secondo l’Onu, colpite dall’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai e dal successivo tsunami, che ha causato la morte di tre persone nello stato insulare polinesiano di Tonga.

“Le necessità primarie più impellenti sono l’acqua potabile, i generi alimentari e non, avverte l’Onu.

“Ovviamente è prioritario anche il ripristino delle linee di comunicazione, per le chiamate internazionali e Internet“, ha reso noto Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu, António Guterres.

Le abitazioni dell’isola di Mango sono andate distrutte e ne rimangono integre solo due nell’isola di Fonoifua, mentre ci sono notizie di danni estesi a Nomuka.

Il primo aereo con aiuti umanitari appartenente alle forze aeree della Nuova Zelanda, è arrivato intorno alle 4 di oggi. L’aereo sarebbe dovuto atterrare all’inizio della settimana ma la coltre di cenere che copre l’aeroporto di Tonga ha impedito l’atterraggio in sicurezza.

L’Unicef sta inviando acqua ed altri beni con la nave australiana ‘HMAS Adelaide, che salperà in direzione di Tonga il 21 gennaio.

Gli aiuti verranno distribuiti senza alcun contatto per evitare i rischi legati alla pandemia di coronavirus. Qui è stato confermato un solo caso di Covid-19 dall’inizio dell’emergenza sanitaria.

La Nuova Zelanda ha confermato l’arrivo di un C-130 Hercules con kit igienico-sanitari, generatori, apparecchiature per la comunicazione e sistemi per la potabilizzazione dell’acqua.

Si attende l’arrivo al porto di Nuku’alofa del pattugliatore d’altura Hmnzs Wellington e di altri soccorsi via mare.

E’ già arrivato anche il primo di due C-17 australiani e una nave partirà “presto” da Brisbane per Tonga.

Anche il Giappone ha annunciato l’invio di due C-130 con acqua potabile.

”Se un’eruzione di questa portata fosse avvenuta sulla terra, penso al Vesuvio o ai Campi Flegrei, le conseguenze sarebbero state apocalittiche”, riflette, parlando con l’Adnkronos, il vulcanologo tedesco Boris Behncke, ricercatore dell‘Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia presso l’Osservatorio Etneo di Catania .

”Nella sfortuna, la fortuna è stata che una simile eruzione si sia verificata in una zona estremamente remota e poco abitata – chiarisce   Behncke. – Se fosse avvenuta a terra in una zona popolata, non avrebbe causato uno tsunami, ma avrebbe provocato devastazioni anche a distanza di diversi chilometri”.

Tuttavia a Tonga ”l’eruzione, che ha avuto conseguenze molto gravi sulle isole vicine, è stata probabilmente amplificata nella sua violenza perché avvenuta nell’interfaccia tra mare e atmosfera. Un’intera isola, che si era formata 6-7 anni prima e che era cresciuta proprio prima dell’attività esplosiva, è andata distrutta”.

Ora a Tonga il rischio è la cenere: “contiene sostanze potenzialmente tossiche. Quando la cenere si deposita sulla terra, come avviene con l’Etna, viene lavata. Ma a Tonga la situazione è resa più complicata dal deposito in mare della cenere, che contiene zolfo, cloro e altre sostanze”.

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