Quirinale, cresce il pressing su Mattarella per il bis ma lui resiste. E si fa strada l’ipotesi prorogatio

13 Gen 2022 11:29 - di Adriana De Conto

Il 3 febbraio si avvicina a grandi passi e il rebus Draghi-Mattarella rende il romanzo Quirinale fermo al capitolo Mattarella bis. Il capo dello Stato ha rifiutato in tutte le lingue un suo possibile permanenza sul Colle più alto. E pure il rischio che si arrivi alla data fatidica senza un nome condiviso è dietro l’angolo delle mille indecisioni dei partiti. Se entro quella data, quindi, giorno della scadenza del settennato il presidente della Repubblica non fosse ancora stato eletto, Mattarella potrebbe rimanere in carica in  regime di prorogatio.

Quirinale, Mattarella resiste ma il pressing su di lui aumenta

Il pressing su di lui è insistito. Si fa strada  l’invocazione di una buona fetta dei 1009 grandi elettori: “Mattarella, salvaci tu”. Lo schema resterebbe invariato: Draghi a Palazzo Chigi e l’attuale presidente al Quirinale lascerebbe intatto uno status quo che piace al segretario Pd Enrico Letta (“Sarebbe bellissimo”, ha detto l’altra sera a “DiMartedì” ). Bellissimo, uguale più facile per chi non sa fare sintesi e sa solo opporre veti a Berlusconi e all’ipotesi di un “governo dei big” proposta dalla Lega. Nel mondo frantumato del M5S buona parte dopo mille peregrinazioni è giunto alla conclusione di invocare Mattarella a restare. Il tempo stringe, le nebbie sul Quirinale sono molte e in attesa del vertice chiarificatore del centrodestra e di quello del Pd monta il retroscena che Repubblica rilancia. Mattarella “resiste”, al pressing di chi gli chiede di restare, ma l’ipotesi prorogatio è dietro l’angolo.

Quirinale, Mattarella non ha cambiato idea ma…

Sergio Mattarella non ha cambiato idea e resta fermamente contrario a una sua rielezione. L’ha detto e ripetuto tante di quelle volte che “ci vorrebbe davvero un contesto straordinariamente drammatico (che nessuno si augura) e l’unanime sostegno delle forze che appoggiano Draghi per fargli cambiare forse idea”. Tale “contesto” tuttavia potrebbe configurarsi proprio nella confusione attuale che ancora regna sovrana tra veti e contro-veti.  Si rischia di arrivare alla vigilia del voto senza una proposta concreta e condivisa in larga parte. Le votazioni-fiume non sono più proponibili, come accadito in passato:  1971, 1978, 1992. Per Giovanni Leone, nel 1971, ci vollero  23 scrutini, per  Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro sedici. Lungaggini che oggi verrebbero viste come anacronismi. E allora?

Mattarella potrebbe rimarrebbe in carica in prorogatio: il precedente

Se  entro il 3 febbraio, alla scadenza del settennato, non è stato eletto il suo successore,  Mattarella rimarrebbe in carica in prorogatio: due sarebbero le ipotesi in questo caso:  attenderebbe il tempo necessario di attendere l’insediamento del nuovo Capo dello Stato; oppure potrebbe optare per le dimissioni e a quel punto subentrerebbe la seconda carica dello Stato, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati. Nessuna decisione è stata presa, al momento. L’ipotesi di un capo dello stato in prorogatio, come ha ricordato il  costituzionalista Francesco Clementi, è stato già sfiorato in passato.

Quando il Pci non escluse il Saragat bis

Esattamente nel dicembre del 1971, quando al Quirinale c’era Giuseppe Saragat. “Il torneo elettorale che avrà inizio giovedì prossimo si presenta incerto, combattuto come certi antichi conclavi”, scrisse alla vigilia Carlo Casalegno sulla Stampa, ha ricordato Clementi. “Il clima era avvelenato dalla fresca approvazione della legge sul divorzio. Alberto Ronchey sulla Stampa sottolineò l’instabilità degli schieramenti. Alla partenza, il 9 dicembre, le sinistre proposero Francesco De Martino, la Dc Amintore Fanfani, i socialdemocratici Giuseppe Saragat, i liberali Giovanni Malagodi. Candidati bandiera. Votazione dopo votazione passarono dodici giorni senza accordo. Il Pci, per uscire dallo stallo, non escluse il bis di Saragat. Sembra oggi”.

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