Marò, dopo 10 anni si chiude il calvario di Latorre e Girone: il gip archivia. FdI: «Tanti dovrebbero scusarsi»
Il gip di Roma ha archiviato l’inchiesta sui due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in merito alla vicenda di due pescatori uccisi da colpi di arma da fuoco a febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala, in India. Si chiude così un calvario giudiziario e umano iniziato esattamente dieci anni fa. Lo scorso dicembre la stessa Procura di Roma aveva chiesto di archiviare il caso, sul quale a piazzale Clodio era aperto dal 2012 un fascicolo di indagine per omicidio volontario.
La Procura aveva chiesto l’archiviazione dei marò
I pm romani avevano interrogato i due marò lo scorso luglio. Li ascoltarono anche il 3 gennaio del 2013 e nello stesso anno disposero una perizia sul computer e su una macchina fotografica che si trovavano a bordo della Enrica Lexie, la nave su cui erano in servizio Latorre e Girone. Al termine degli accertamenti i pm di Roma, coordinati dal procuratore Michele Prestipino, hanno chiesto al gip di archiviare le accuse in quanto il quadro degli elementi di prova raccolti era insufficiente per un processo.
Le parole della moglie di Latorre
«Sono soddisfatto, ma anche curioso di leggere il decreto con cui il gip ha archiviato questa indagine. Mi auguro che restituisca giustizia e verità per Massimiliano Latorre dopo 10, lunghissimi, anni», ha detto l’avvocato Fabio Anselmo, difensore del fuciliere di Marina, mentre è stata la moglie di Latorre, Paola Moschetti, a parlare di «un grande sollievo» e a ribadire l’auspicio che le motivazioni possano far ritrovare alla famiglia «la forza e la serenità che ci sono state sottratte per troppo tempo negli anni più importanti della nostra vita». Anche Giorgia Meloni, sulla sua pagina Facebook, ha rilanciato le parole della moglie di Latorre, aggiungendo: «Contenta che sia finalmente finito questo calvario. Ai due Marò e ai loro cari – ha scritto la leader di FdI – auguro il meglio per il futuro».
I legali di Girone: «Nulla potrà cancellare le ferite»
Di «autentico calvario» hanno parlato anche i difensori di Girone, gli avvocati Fabio Federico e Michele Cinquepalmi, che hanno sottolineato come il marò lo abbia sopportato «con dignità e fierezza che hanno reso onore all’Italia intera». «Alla fine dopo quasi 10 anni, la verità ha prevalso», hanno aggiunto i legali, ricordando il peso che la vicenda ha avuto anche sulla famiglia di Girone e avvertendo che, comunque «nulla potrà cancellare le profonde ferite inferte da una vicenda giudiziaria che, per molti aspetti, resterà negli annali della storia, non solo giudiziaria, del nostro Paese».
De Giorgi: «Spero ricevano un riconoscimento»
L’archiviazione è stata accolta con grande soddisfazione, tra gli altri, dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dal titolare del ministero dell’epoca dei fatti, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, dall’ex ministro Elisabetta Trenta, dall’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, e dall’ex Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, nonché dagli esponenti di diverse forze politiche. In particolare, De Giorgi ha sottolineato che si tratta di «una vicenda che non avrebbe mai dovuto iniziare, che ha visto due sottufficiali del San Marco ingiustamente perseguiti, pur avendo applicato le regole di ingaggio e le consegne che gli erano state date». De Giorgi, quindi, sottolineando che nella vicenda «sono stati commessi molti errore», benché poi i ministeri interessati abbiano «saputo infine rimediare», si è augurato che il comportamento esemplare dei due Marò di fronte a quanto accaduto possa trovare «il giusto riconoscimento nelle sedi opportune».
Deidda: «In molti dovrebbero chiedere scusa ai marò»
È stato quindi il deputato di FdI, Salvatore Deidda, a ricordare che «tanti dovrebbero chiedere scusa a Salvatore, a Massimiliano e alle loro famiglie, per questi anni in cui la loro vita è rimasta imprigionata e torturata». «Ricordo – ha proseguito – chi li ha frettolosamente giudicati colpevoli, chi ironizzava quando, con insistenza, noi di Fratelli d’Italia abbiamo manifestato per la loro liberazione e il ritorno in Italia. A loro e alle famiglie – ha concluso Deidda – grazie, per non aver mai utilizzato una parola fuori posto».