Il cold case di Agata Scuto scomparsa nel nulla 10 anni fa, arrestato l’ex-patrigno

17 Gen 2022 11:32 - di Paolo Lami
pakistano

Il cold case di Agata Scutoscomparsa a Catania nel giugno del 2012 e il cui corpo non è mai stato ritrovato arriva a soluzione oggi, dieci anni dopo, con l’arresto, inatteso, ad Acireale, di Rosario Palermo, 62 anni, ritenuto responsabile di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.

Palermo è l’ex-convivente della madre di Agata Scuto scomparsa di casa il 4 giugno del 2012. E la Procura di Catania lo accusa di aver “instaurato un rapporto particolare con la ragazza“, “fornito false notizie sui suoi spostamenti” e “cercato di inquinare le prove“.

Intercettato in auto, mentre parlava da solo, Rosario Palermo avrebbe espresso il timore che il corpo della ragazza, che era stata strangolata e bruciata, potesse essere ritrovato.

Le indagini vennero avviate nel 2020 a a seguito delle notizie acquisite durante la trasmissioneChi l’ha visto?’ di Rai3.

Le attenzioni dei militari dell’Arma si sono concentrate su Rosario Palermo, spiega la Procura di Catania, “in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza, la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone”, per “le falsità delle notizie fornite agli inquirenti” sui “suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata“.

L’uomo, infatti, “non si era recato né a raccogliere lumache nella piana di Catania né a raccogliere origano sull’Etna, come dallo stesso sostenuto negli interrogatori”.

Tra i “gravi indizi di colpevolezza e responsabilità dell’uomo per l’omicidio e l’occultamento del cadavere” di Agata Scuto  viene citata una intercettazione ambientale.

Rosario Palermo “infatti, parlando da solo all’interno della propria autovettura – scrive la Procura etnea – spaventato dal suo possibile arresto, manifestava il proprio timore che il corpo di Agata Scuto venisse trovato in un casolare a Pachino e che si accertasse che la stessa era stata strangolata e bruciata, riflettendo sulla necessità, inoltre, di recarsi sul luogo per verificare cosa fosse rimasto del cadavere“.

A fare crescere i sospetti su Palermo anche il fatto che l’uomo “avrebbe cercato di inquinare le prove, non solo ottenendo da dei suoi conoscenti la conferma del suo falso alibi, ma addirittura predisponendo una complessa messa in scena per simulare delle tracce tali da giustificare la ragione per la quale il giorno della scomparsa di Agata si era gravemente ferito ad una gamba” sostenendo che era stato a causa di una caduta in montagna.

“Al fine di inquinare le prove, l’indagato, durante le restrizioni alla libera circolazione dovute alla pandemia, accusa la Procura – avrebbe cercato di nascondere in una località sull’Etna un tondino di ferro intriso del suo sangue, tondino che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza“.

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