Incredibile Di Maio: «Visto? Anche Berlusconi cambia idea». Così i 5Stelle s’attaccano al Cav
Non vedeva l’ora, Luigi Di Maio, di aggrapparsi ad un rametto che giustificasse i suoi continui dietrofront. Se ne può quindi immaginare la soddisfazione nel sentire ieri le parole di Berlusconi («il voto al M5S (…) nasceva dallo stesso disagio e dallo stesso fastidio per un certo tipo di politica per la quale è nata Forza Italia»). «Visto? Anche il Cavaliere cambia idea», si è affrettato a commentare forse sfregandosi le mani per l’inattesa gioia. E quindi: «Sicuramente io ho cambiato idea tante volte, può succedere a Berlusconi. Non credo che bisogna giudicare questo cambio di idee con dietrologie». Stia tranquillo Di Maio, anche se al suo posto una “dietrologia” la spacceremmo volentieri. Non fosse che per affibbiare un quarto di nobiltà al suo tartufismo seriale.
Di Maio biforcuto seriale
Evidentemente gli piace più passare per uno che cambia idea con la stessa frequenza con cui cambia i calzini. Contento lui… Ma il problema un altro, ed è molto più serio di quanto lo stesso Giggino possa immaginare. Non c’è il divieto per un politico di cambiare idea, ma c’è l’obbligo di spiegarlo. Ai grillini che oggi giustificano le loro giravolte sostenendo che «governare è difficile», qualcuno dovrebbe obiettare che era così anche per “quelli di prima“, gli stessi da essi stessi accusati di ogni nefandezza. Il punto è questo. E se Di Maio e compagni voglio scrollarsi di dosso l’aura di biforcuti che li sovrasta, devono fare i conti con le menzogne da loro dispensate a piene mani negli epici anni del Vaffa…
Abdicazione identitaria
E pazienza se un siffatto spogliarello finirebbe per seppellirli definitivamente nel ridicolo. Di certo non basta un tweet di scuse pelose o un pizzico di cenere tra i capelli. Tanto più che, a modo loro, i 5Stelle sono stati portatori di una visione di società ben precisa e che si può racchiudere nel rifiuto di ogni competenza (il famigerato «uno vale uno»), della scienza ufficiale (erano tutti no-vax) e di ogni privilegio di casta. Nel giro di tre anni hanno raso al suolo tutte queste granitiche certezze. Su queste macerie oggi spiccano grisaglie ministeriali, pensieri pettinati e difesa a oltranza dello status quo. Un’abdicazione identitaria totale e irredimibile in nome del primato della poltrone. Come ha ragione chi grida «sia fatto arrosto chi s’è messo a posto». E probabilmente, è quel che pensa anche Di Battista.