Dopo il no al governo Conte, Lorenzo Cesa fu avvisato da una spia dei Servizi: “Comportati bene”
Lorenzo Cesa fu invitato da una spia italiana a “comportarsi con saggezza” nei confronti del governo Conte. Ne dà notizia il libro di Bruno Vespa, “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)”.
Il libro solleva nuovi inquietanti dubbi sulla trasparenza del governo Conte bis, in particolare durante la caccia ai “responsabili”. Una caccia fallita miseramente, che ha portato alla crisi e poi ha condotto al governo Draghi.
Su quei giorni convulsi, Vespa racconta infatti, sulla base di rivelazioni esclusive, la serie di “sfortunati imprevisti” piovuti sul segretario Udc, Lorenzo Cesa, all’indomani del suo no alle offerte di sostegno del governo giallorosso. Infatti, non passa neanche una settimana e le forze dell’ordine suonano all’alba alla porta di Cesa.
Cinque giorni dopo arriva la perquisizione
«Cinque giorni dopo, all’alba di mercoledì 21 gennaio — racconta Vespa — uomini della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per ordine del procuratore Nicola Gratteri, perquisivano l’abitazione romana di Cesa contestandogli il reato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso».
La perquisizione del gennaio 2021 per fatti del 2017 può essere archiviata come una coincidenza. Molto più scabroso, invece, l’episodio che rivela nel libro il conduttore di Porta a Porta. «Subito dopo la perquisizione, il segretario dell’Udc ricevette la visita di un importante agente segreto che conosceva da tempo e che gli avrebbe detto, più o meno: non preoccuparti, questa storia si risolve, ma cerca di comportarti con saggezza».
Il ruolo di Lorenzo Cesa e quella coincidenza
Una coincidenza singolare e inquietante, alla quale Antonio Polito ha dedicato un commento allarmato sul Corriere della Sera. «Non sarebbe la prima volta che pezzi dei Servizi tentano di influire sulla dialettica politica e parlamentare. Ma sarebbe interessante sapere, almeno, chi».
Conte non voleva mollare la delega ai servizi segreti
Come gli osservatori più attenti ricordano, l'”avvocato del popolo”, Giuseppe Conte, fece fuoco e fiamme per mantenere la delega sui servizi segreti. Nonostante la prassi prevedesse il contrario.
Dal 2007, con i governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi i presidenti del Consiglio hanno sempre delegato la competenza sui servizi segreti a persone di loro fiducia dedicate a quel delicatissimo e impegnativo settore: Gianni Letta prima, Gianni De Gennaro poi e, infine, Marco Minniti per due mandati. Unica eccezione il premier Paolo Gentiloni, ma in quel caso le elezioni erano alle porte.