Bare insepolte a Palermo, dopo l’omelia di fuoco dell’arcivescovo, Orlando fa mea culpa: provo vergogna
Bare insepolte a Palermo, una vergogna che contro cui oggi è tornato a tuonare l’arcivescovo della città. Con parole attraverso le quali il monsignor Corrado Lorefice non prova nemmeno a dissimulare il dolore e l’indignazione che prova. Parole che hanno scandito a caratteri di fuoco l’omelia funebre celebrata nel giorno dedicato alla commemorazione dei fedeli defunti. E che arrivano come un cazzotto in pieno volto, di chi dovrebbe assumersi la responsabilità dello scempio in corso da mesi al cimitero dei Rotoli, ai piedi di Monte Pellegrino, dove centinaia di famiglie attendono da tanto, troppo tempo davvero, di poter seppellire i propri cari.
Bare insepolte e accatastate ai cimitero dei Rotoli: l’omelia di fuoco dell’arcivescovo di Palermo
Uno sdegno, quello dell’alto prelato, rilanciato e sottolineato in queste ore anche dal capogruppo di Italia Viva al Consiglio comunale di Palermo, Dario Chinnici, che sull’interminabile sfregio ha a sua volta commentato: «Le durissime parole pronunciate oggi dall’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, nei confronti dell’emergenza cimiteriale della nostra città, sono un pugno allo stomaco. Centinaia di famiglie attendono da mesi di poter seppellire i propri cari, una situazione inumana e ignobile di cui il sindaco Orlando deve assumersi tutta la responsabilità».
Bare insepolte, j’accuse del consigliere: «Emblema del fallimento di una stagione politica»
Concludendo: «Siamo di fronte all’emblema del fallimento di un’intera stagione politica di questa città. Vittima dell’egoismo di chi ha dimostrato di non avere a cuore il bene dei palermitani». Parole dure, recriminazioni forti. E un senso di scoramento che alimenta la frustrazione di chi assiste inerme al continuo accatastarsi dei feretri. Abbandonati nel degrado e nell’oblio di cui le istituzioni non sembrano capaci di venire a capo.
«I defunti non hanno la possibilità di una degna sepoltura per l’incuria e l’ignominia umana»
Un caso che, ha quindi denunciato una volta di più l’arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice, fa male ancor di più «in questo giorno, dedicato alla commemorazione dei fedeli defunti, proprio qui ai Rotoli, ai piedi di Monte Pellegrino, dove centinaia di nostri cari, defunti da lungo tempo, non trovano neanche la possibilità di una degna sepoltura a causa dell’incuria umana e dell’ignominia di chi vuole lucrare anche nel momento più decisivo e dirompente del mistero della vita che è la morte». Un giorno in cui, più forte che mai, prosegue il monsignore, «si leva anzitutto un appello a renderci conto di quanto sia importante il corpo nella nostra esistenza». Un’omelia della Celebrazione eucaristica celebrata questa mattina nella Cappella del cimitero di Santa Maria dei Rotoli, che raccoglie il dolore e l’indignazione di una città che assiste, ha rimarcato l’arcivescovo di Palermo, «alla tragedia di una morte solitaria».
Il sindaco Orlando ammette: «Provo una grande vergogna. Me ne assumo la responsabilità»
E ancora: «Di una distanza terribile dal corpo caro che muore. E qui a Palermo addirittura anche di una mancata e degna sepoltura di tanti nostri cari concittadini, parenti e amici. Non possiamo stare zitti. Questo è inumano»… Un j’accuse, religioso e civico, a cui il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, non ha potuto far altro che replicare: «Oggi è un giorno di preghiera. Di memoria, di sofferenza rinnovata. Ma anche un giorno nel quale, accanto a tutto ciò che si è fatto per rendere accoglienti i nostri cimiteri, resta come una vergogna, un orrore la condizione delle salme in deposito».
Leoluca Orlando: «Un orrore la condizione delle salme in deposito»
Concludendo con un mesto: «Stiamo facendo di tutto per uscire da questa condizione di emergenza – ha ribadito il sindaco –. Oggi si sta meglio di ieri, ma vorremmo che domani fosse meglio di oggi. Per non provare più, come io provo, questa grande vergogna, di cui mi assumo la responsabilità. Pur sapendo dei tanti fattori che l’hanno determinata».