Pensioni, l’esperto Brambilla striglia i sindacati: «Chi è contro “Quota 102” rivuole la “Fornero”»

21 Ott 2021 17:48 - di Redazione
Brambilla

«Troppo rigida» e «giovani trattati male». Ecco i due motivi che spingono un esperto di previdenza come l’economista Alberto Brambilla a puntare sul superamento della legge Fornero. L’ipotesi sfornata dal governo – Quota 102 dal prossimo anno e Quota 104 dal 2024 – ha ricevuto dai sindacati tanti fischi e nessun applauso. Brambilla, invece, la difende. Diversamente, avverte, «la gran parte degli operai e degli impiegati non andranno in pensione se non a 71-72 anni». Ragion per cui bolla come «polemiche un po’ vuote» quelle che hanno accolto la proposta di Palazzo Chigi. Nella sua analisi sull’impianto originale della riforma-Fornero, l’economista intravede tre problemi di fondo. Il primo è l’assenza di flessibilità in uscita, che rappresenta un limite che già esclude le donne.

Brambilla è presidente di Itinerari Previdenziali

«È evidente –  spiega Brambilla – che su cento donne solo tre o quattro avranno accumulato 42 anni e tre mesi di contributi. Raggiungere questo livello di anzianità, peraltro adeguato all’aspettativa di vita e quindi suscettibile di arrivare fino a quota 44, vuol dire non avere flessibilità in uscita». L’altro limite che a giudizio dell’esperto contribuisce a rendere «troppo rigida» la riforma Fornero è quello dei 67 anni anagrafici. Un dato che ci inoltra nel «secondo punto critico» della legge. Questo: «Non c’è alcun Paese che abbia adeguato all’aspettativa di vita, l’anzianità contributiva».

«La legge attuale è troppo rigida»

Sul punto Brambilla richiama un effetto paradossale della “Fornero“: fa andare in pensione un soggetto con 67 anni di età con 20 di contributi (dei quali magari 5-6 figurativi, quindi con un dato vero di 14 anni) avendo anche eventualmente l’integrazione al minimo ma lo vieta ad un altro con 40 anni di lavoro e quindi con il doppio di contributi. Che fare, dunque? Per Brambilla  «occorre togliere l’adeguamento all’aspettativa di vita dai 42 anni e 10 mesi». Sembra facile, ma non lo è. Colpa del decreto 4/2019, quello su Quota 100: «Lo ha bloccato fino al 2026», ricorda il professore. Infine, i giovani. «Sono trattati male – sottolinea -. Potranno sì andare in pensione, ma dovranno avere 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale come entità della prestazione e lo avranno poche persone, purtroppo».

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *