L’ambasciatore Giffoni, assolto dopo 7 anni, merita scuse e reintegro: Di Maio rimedi alla figuraccia

15 Ott 2021 7:53 - di Lorenzo Peluso

Riceviamo dal giornalista Lorenzo Peluso e volentieri pubblichiamo.

Ha resistito e di questo gli va dato atto. Avrebbe certamente potuto mollare e scegliere anche per un gesto estremo che mettesse fine alle sue sofferenze strazianti. Michael Giffoni ha resistito; ha vinto la sua battaglia di riscatto della sua onorabilità e della sua onestà. Certo, nel mondo che viviamo può valere poco; ma vale molto nel mondo delle persone perbene. Un calvario giudiziario durato oltre sette anni che ha imposto anche un calvario umano insopportabile. Da brillante diplomatico, primo ambasciatore italiano in Kosovo, a primo e unico nella storia ambasciatore destituito dal ministero degli Esteri italiano. Adriano Sofri, sulle pagine del Foglio ha definito la misura: “simile alla degradazione e alla fucilazione pubblica”.

La storia ha però restituito un’altra verità: assolto dall’imputazione di associazione a delinquere, “perché il fatto non sussiste” e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, “perché il fatto non costituisce reato”. Lo ha sancito il Collegio del tribunale di Roma composto da tre giudici, tre donne. La vicenda dunque è risolta; non proprio, no. In verità, ora il risalto mediatico la questione Giffoni l’ha avuta e come. Tutti, nessuno escluso, gli autorevoli colleghi dei grandi media, dalla carta stampata alle tv, hanno invitato Giffoni a raccontare la sua vicenda. Se lo avessero fatto prima, forse le cose sarebbero andate in altro modo, molto prima. Tuttavia, ora che se ne parla, il Ministero degli Esteri, incastrato dall’evidenza dei fatti che non ha voluto vedere in questi anni, ha dovuto prendere una posizione.

Il chiarimento della Farnesina che non chiarisce

Con una nota del 2 ottobre scorso il Ministero chiarisce che: “Nella dolorosa vicenda personale e professionale del Consigliere d’Ambasciata Michael Giffoni emergono profili penali e amministrativo-disciplinari che non hanno a che vedere l’uno con l’altro e che, quindi, non possono essere confusi”. Il Ministero afferma quindi che il provvedimento di destituzione del diplomatico “non riguarda l’oggetto dell’azione penale” ma “si riferisce invece a delle gravi responsabilità di tipo amministrativo dirigenziale” che “conservano il proprio valore indipendentemente dall’esito del processo penale”. “Le ragioni che furono alla base del provvedimento amministrativo a suo tempo adottato nei confronti del Consigliere d’Ambasciata Giffoni, e che ne determinarono la destituzione dal servizio – si legge la nota della Farnesina – non riguardano l’oggetto dell’azione penale e non hanno dunque a che vedere con il reato di associazione per delinquere o quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dai quali egli è stato assolto, nel primo caso perché il fatto non sussiste e nel secondo caso perché le condotte accertate non costituiscono reato. Ciò è confermato dal fatto che l’Amministrazione non ha mai accusato il Consigliere d’Ambasciata Giffoni di alcun reato”. “Il provvedimento di destituzione si riferisce, invece, a delle gravi responsabilità di tipo amministrativo-dirigenziale fondate sull’avvenuta emissione di un significativo numero di visti di ingresso nel nostro Paese e nell’area Schengen (almeno 365), trattati al di fuori dei canali ordinari e senza che fosse esperita la dovuta istruttoria, in violazione anche della normativa europea”, prosegue la Farnesina. “In alcuni casi i visti erano stati rilasciati a soggetti fortemente sospettati di attività terroristiche e criminali – si legge ancora nella nota – Inoltre, fu riscontrata una omessa vigilanza sull’operato dei suoi collaboratori e, in generale, una gestione molto carente dell’intero settore dei visti. Pertanto – si afferma da Ministero degli Esteri – l provvedimento di destituzione e le motivazioni che ne sono alla base conservano il proprio valore indipendentemente dall’esito del processo penale”. “La decisione dell’Amministrazione, inizialmente annullata dal Tar – ricorda la Farnesina – è stata poi ritenuta pienamente legittima con una sentenza del 2019 del Consiglio di Stato, passata in giudicato“. “D’altra parte, sarebbe stato molto grave che, di fronte a siffatte responsabilità, l’Amministrazione fosse rimasta inerte e inadempiente”, conclude la nota. Questa la nota della Farnesina.

La cieca burocrazia che non sa ammettere i propri errori

Nel leggerla ho avuto la riprova, ancora una volta, di quanto sia cieca e becera l’azione burocratica di funzionari pubblici convinti sempre, di essere al disopra di tutto, persino della verità. Mi spiego anche meglio. Quel che non dice la Farnesina, che è però riportato anche negli atti processuali, è che ad esempio: il resoconto della missione ispettiva compiuta a Pristina (per sole 48 ore) dal 18 al 20 gennaio 2014, si basava sulla raccolta di alcuni commenti sparsi, estrapolati dalle dichiarazioni di impiegati dell’Ambasciata dove aveva operato fino a quattro mesi prima Giffoni. Tra questi i commenti di un impiegato a contratto (non riporto il nome, ma è conosciuto dalla Farnesina) che ha poi durante il processo a Pristina, cambiato più e più volte versione dei fatti.
Oppure non si tiene conto del fatto che in quelle poche ore, le dichiarazioni raccolte erano solo di quelle persone che al momento li si trovavano e non dell’intero personale dell’Ambasciata o ad esempio, degli ambasciatori del “Quintetto” USA, Francia, regno Unito ed Italia, con i quali Giffoni lavorava ogni giorno gomito a gomito. Tuttavia, nonostante questo, in quel riassunto sbrigativo, l’estensore del documento denominato “contestazione degli addebiti” dichiara: (…) benchè diversi impiegati durante i colloqui abbiano più volte accennato ad atteggiamenti accentratori dell’Amb. Giffoni spesso a discapito del personale di ruolo, non sono emersi né nei colloqui, né dai riscontri documentali indicazioni che possano far pensare a interessi personali patrimoniali dell’Amb. Giffoni.

Michael Giffoni e l’appello al ministro Di Maio

A quest’ultimo è stata complessivamente riconosciuta una dedizione al lavoro “esagerata” senza limiti di giorni e di orario, con talvolta una inclinazione eccessivamente entusiastica verso il Paese alcune figure di spicco e una fiducia eccessiva nei confronti di alcuni collaboratori” (…). Ecco cosa è riportato nelle “contestazione degli addebiti” mossi a Giffoni dalla Farnesina. Per chiarezza, il documento è il n° 26442 del 5.022014 in allegato alla nota 54849 del 10.03.2014 della Direzione generale per le Risorse Umane e l’Innovazione della Farnesina. Dunque le carte, oltre al processo e la sentenza di assoluzione di Giffoni, pronunciata dal Collegio del tribunale di Roma, ancora una volta smentiscono la Farnesina. Una valanga di falsità e di errori che hanno distrutto al vita di un uomo onesto.

L’appello è al Ministro Di Maio: reintegro immediato di Giffoni e nota di scuse ufficiali. Chiaramente anche il risarcimento dei danni, che a questo punto sono milionari. Sarà forse per questo che la Farnesina ha diffuso la nota del 2 ottobre scorso. Una nota che è solo l’ennesima figuraccia.

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