Il Pd in difesa dei centri sociali dove si spaccia droga e si vive tra i rifiuti. Il clamoroso caso di Genova…

11 Ott 2021 13:36 - di Mario Bozzi Sentieri

A Genova è stato sgomberato un Centro Sociale: se fossimo veramente un Paese “normale” la notizia potrebbe essere tranquillamente archiviata, senza grande clamore,  nella cronaca locale. Così non è, viste le reazioni – “da sinistra” – che l’azione di sgombero ha suscitato.

Partiamo dai fatti. Il C.S.O.A. (Centro Sociale Occupato Autogestito) di Genova, denominato Terra di nessuno,  viene creato per la prima volta nel 1995, su un’area vincolata dagli anni Settanta (un capannone di 230 Mq ed un appartamento di circa 110 Mq) destinata alla costruzione di una piscina olimpionica.  Sgomberata a seguito di un’ingiunzione del proprietario, nel 1995, l’area in questione è stata  rioccupata nel 1996. Nel settembre 2019 viene notificata una nuova ingiunzione di rilascio dell’immobile per morosità. Lo sgombero  è diventato operativo dopo una sentenza del Tar del 2021 che aveva dato ragione al Comune di Genova per la riappropriazione dello spazio occupato, riconoscendo al Comune  il diritto di recuperare l’area per la scadenza della concessione e il mancato pagamento dei canoni.

Ovvie le reazioni dei responsabili  del Centro sociale in questione, subito trinceratisi dietro le ragioni dell’occupazione: servizio al quartiere, impegno internazionalista per il Chiapas e il popolo Curdo, lotte per il reddito di cittadinanza, iniziative per la legalizzazione della Cannabis. I Centri sociali fanno il loro “mestiere”. Lupi mimetizzati da pecorelle, lanciano lo slogan (duro e puro) nascondendo la mano, occupano illegalmente, ma cercano la legittimazione  delle istituzioni (al punto da firmare, con un’amministrazione di centro sinistra, un contratto d’affitto,  peraltro mai onorato), sbandierano la loro “azione sociale”, non disdegnando l’uso della piazza, violenta (sotto la parola d’ordine “Ora e sempre Resistenza”) e negazionista (“No foibe no party”). Questo mix, fatto di finta legalità e di prevaricazioni, è il brodo di coltura dei Centri sociali. Non scopriamo niente di nuovo e non ci scandalizziamo più di tanto. Quello che sconcerta è l’atteggiamento della sinistra “perbene”, con il Pd in testa, pronta a sventolare l’indignazione quale arma politica (contro il centrodestra ovviamente), al punto da diventare complice morale dell’illegalità.

Lo sgombero di un Centro sociale, oggettivamente fuorilegge, si trasforma così in un “atto politico”, dovuto al voto amministrativo (anche se a Genova si vota fra un anno), un’azione propagandistica “sulla pelle dei ragazzi” – come ha dichiarato la consigliera locale del Pd, Cristina Lodi. Perfino l’intervento della Polizia locale diventa “frutto di un’impostazione politica”, laddove a provocare l’azione di sgombero non è stata un’ordinanza del sindaco, trattandosi di un  semplice atto amministrativo, passato dagli uffici, coordinato da Questura, Prefettura e Comune.

L’Arci punta il dito “sul preoccupante utilizzo della Polizia municipale per gestire esigenze sociali e giovanili da parte dell’amministrazione, con cui da anni si aspetta di discutere un tema  centrale, e da non utilizzare solo per coltivare aiuole elettorali, come quelle degli spazi sociali”.

A rispondere indirettamente è stato l’assessore alla Sicurezza del Comune di Genova, Giorgio Viale: “Penso che qualsiasi attività sociale si possa fare in contesti migliori, e legali. Dentro alla Terra di nessuno non abbiamo trovato solo piante di marijuana, ma di fatto una discarica a cielo aperto. Mancavano le norme igienico sanitarie base. Capisco l’autogestione, ma l’avessero fatto almeno in sicurezza”.

A quanto pare il  “caso Riace” è diventato  un esempio, purtroppo non l’unico. La Giustizia è sempre “proletaria”. Le sentenze vanno rispettate solo se politicamente “corrette”. E’ il giustificazionismo a dettare legge, insinuando il dubbio e mischiando le carte, tra inesistenti strumentalizzazioni elettorali (da parte del centro destra) e magari – tra le righe – qualche accusa velata di autoritarismo fascista. Malgrado una sentenza del Tar da rendere esecutiva.

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