Agli americani non piace l’Eur: perché il summit in quel quartiere fascista voluto da Mussolini?
G20, la scelta dell’Eur come cornice del summit, fascistissimo quartiere capitolino, non piace agli americani malati di “cancel culture”. I cosiddetti grandi della Terra si riuniranno alla Nuvola di Fuksas ma l’ambientazione più generale delle riunioni, nella “città bianca” dell’Eur, fa storcere il naso ai paladini del politicamente corretto.
Il servizio del Washington Post sul quartiere dell’Eur
Lo racconta sul Corriere Massimo Gaggi informandoci di un servizio in cui il Washington Post lamenta la scelta della location del G20. E critica la presenza a Roma di sculture dell’era fascista. Scrive il Corriere: “In un servizio intitolato «Lo strano sfondo del G20: un quartiere romano che doveva essere il fiore all’occhiello del fascismo», il Washington Post analizza storia e architettura di un luogo progettato come sede dell’Esposizione Universale di Roma del 1942 (da qui l’acronimo Eur), mai tenuta a causa della Guerra mondiale. Il Post “dà anche voce a chi lo considera «la reliquia di un progetto megalomane trasformata in distretto d’affari»”.
Il Washington Post paladino della Cancel Culture
E l’articolo così prosegue: “Soprattutto, il quotidiano critica il fatto che in alcuni luoghi siano rimaste sculture dell’era fascista come il bassorilievo all’ingresso dell’edifico dell’Ente Eur che descrive varie ere storiche: da Romolo e Remo alla costruzione della basilica di San Pietro, per poi finire con un Mussolini a cavallo. Il giornale trova «scioccante che, mentre i monumenti di schiavisti, generali confederati, re e colonizzatori sono stati eliminati negli Stati Uniti e in gran parte d’Europa, a Roma sono entrati a far parte del panorama»”.
Eur, un po’ di storia
Dell’Expo 1942 si iniziò a parlare già dalla metà del 1935 grazie alla felice intuizione di Giuseppe Bottai, governatore di Roma, che propose a Benito Mussolini di presentare la candidatura dell’Italia e di Roma per l’Esposizione Universale che si sarebbe dovuta tenere nel 1942 per il ventennale della Marcia su Roma.
Tra gli architetti e gli urbanisti chiamati dal Duce a firmare la città dell’Expo universale c’erano la crema e l’orgoglio dell’urbanistica dell’epoca, a cominciare da Marcello Piacentini che ebbe la meglio nel vivace dibattito sullo stile da adottare e divenne il coordinatore tecnico dell’intera opera, corredata da enormi spazi verdi.