Omicidio Vannini, la Cassazione: «La condotta di Ciontoli caratterizzata da pervicacia e spietatezza»

19 Lug 2021 13:58 - di Redazione
vannini

La condotta di Antonio Ciontoli fu «non solo assolutamente anti doverosa, ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicché appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto». È quanto scrivono i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso 3 maggio con cui hanno confermato la condanna a 14 anni per Ciontoli, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale, per la morte di Vannini, il 21enne ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano.

Le condanne confermate dalla Cassazione

I supremi giudici, rigettando i ricorsi degli imputati, avevano reso definitive la condanna a 9 anni e 4 mesi inflitta lo scorso settembre, al processo d’appello bis, ai due figli di Ciontoli , Martina e Federico e alla moglie Maria Pezzillo, per concorso anomalo in omicidio volontario. Gli imputati, scrivono ancora i giudici, «scelsero di non fare alcunché che potesse essere utile per scongiurare la morte, non solo rappresentandosi tale evento ma accettando la sua verificazione, all’esito di un infausto bilanciamento tra il bene della vita di Vannini e l’obiettivo avuto di mira, ovvero evitare che emergesse la verità su quanto realmente accaduto».

I supremi giudici: «Ciontoli consapevole di aver colpito Vannini»

«Ciontoli era ben consapevole di aver colpito Marco Vannini con un’arma da fuoco e della distanza minima dalla quale il colpo era partito; era inoltre consapevole – scrivono i giudici nelle 62 pagine di motivazioni – che il proiettile era rimasto all’interno del corpo del Vannini, come gli aveva fatto notare anche il figlio Federico dopo il ritrovamento del bossolo, e, sebbene la ferita avesse smesso di sanguinare dopo essere stata tamponata, egli ha necessariamente immaginato, rappresentandosi e, nonostante ciò accettando il verificarsi dell’evento che quel proiettile potesse essere causa di una emorragia interna».

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