L’incubo di Letta: ora ha Salvini come referente. Pd allo sbando, è saltato lo schema

2 Lug 2021 10:03 - di Adriana De Conto
Letta Salvini

Nel Pd le cose si complicano con l’oramai prossima deflagrazione definitiva del M5S. Il piano era ben diverso. Il segretario Letta sperava (sognava) di prendere Salvini “per stanchezza” in una guerra di logoramento. All’ombra di Draghi il Pd riteneva di avere ancora delle chances nonostante la fine del governo Conte. Fantasticava sulla gaudiosa “maggioranza Ursula”, magari sperando di tirare dentro una parte di FI per una maggioranza larga. Posizione di privilegio con cui avere un ruolo nella corsa al Colle e una chance alle prossime elezioni. Ma il “sogno” del Pd si è infranto su tutti i fronti. Ne ragiona in retroscena Verderami sul Corriere della Sera.

Il sogno infranto di Letta

Anzitutto Letta si trova come referente principale Matteo Salvini, al momento. Dal sogno all’incubo per Letta il passo è stato breve. Scrive Verderami, elencando tutto ciò che si è messo di traverso al Pd, già complicato di suo, con 11 correnti da tenere a bada: “Prima Salvini è entrato al governo, avvisando che non ne sarebbe mai uscito, poi è imploso il Movimento. E oggi per il Pd il problema non è regalare Draghi alla destra, perché Draghi non è un cadeau e non si fa mettere magliette. Il punto è che i dem, per via della crisi grillina, rischiano ora di ritrovarsi in una maggioranza Ursula capovolta: dentro cioè una coalizione di governo con i leghisti come referenti e senza una coalizione politica con M5S”.

Pd allo sbando: “Siamo costretti a cambiare schema”

Non che abbiano altra scelta: “D’altronde a chi dovrebbe guardare il Nazareno in questa fase: a Grillo che va a cena con l’ambasciatore cinese; o a Conte che va a pranzo con l’avvocato Alpa e non passa giorno senza rimarcare la distanza da Draghi? «E di qui in avanti – spiega il democrat Raciti all’editorialista- la situazione sarà sempre più complessa: perché il terreno della contesa tra Grillo e Conte sarà a chi si distinguerà di più dal governo. E noi, che dovevamo aggregare l’area moderata, siamo costretti a cambiare schema».

Parlamentare Pd: “Andiamo più d’accordo con la Lega”

E del resto ha parlato di  «Vietnam parlamentare», Debora Serracchiani nella riunione con i suoi deputati. “Alla capogruppo dem era bastato lo spettacolo del giorno prima, quando alla Camera erano servite cinque ore per trovare un’intesa con M5s su un modesto odg sul Ponte di Messina. Fatica sprecata, visto che poco dopo in Aula i cinquestelle sarebbero andati in ordine sparso, dividendosi tra favorevoli, contrari e astenuti, e suscitando l’ira di un dirigente del Pd: «Ammettiamolo. Andiamo più d’accordo con la Lega».

Verderami: “Pd prigioniero senza vie d’uscita”

Espressione felice quella di “maggioranza Ursula capovolta. Con schegge grilline tentate di passare nel campo avverso”. Ma la prospettiva – scrive Verderami-  potrebbe rendere il Pd prigioniero di uno schema senza vie d’uscita. E l’ipotesi che il centrodestra possa per la prima volta puntare alla golden share nella scelta del capo dello Stato sarebbe solo un effetto collaterale del nuovo quadro politico”. Una “coltellata” per Letta, che  “nei colloqui riservati riconosce come la posizione del partito sia difficile e per certi versi pericolosa”. Una pericolosità a cui Letta risponde come può: con le fumose  Agorà, con le mance ai 18enni, con lo ius soli, con la patrimoniale e altre amenità. Ma per «cambiare schema» Letta attende l’esito delle Amministrative, conclude l’editorialista: “dal voto capirà quale sarà il peso elettorale del partito e come potrà spenderlo nella trattativa sul Quirinale e sulla legge elettorale”. Già, il voto. Con il Pd ai minimi storici il “peso”  del Pd è relativo.

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