Giustizia, Conte e Di Maio ai ferri corti. Poi il ministro-pontiere la spunta. La pace durerà?

30 Lug 2021 10:20 - di Eugenio Battisti

Alla fine l’ha spuntata Di Maio. Almeno per ora. Il ministro grillino è riuscito nell’impresa di ammansire Giuseppe Conte sul terreno minato della giustizia. Anche se l’ex premier mastica amaro. E le grane in casa 5Stelle non finiscono mai.

Giustizia, il braccio di ferro Conte-Di Maio

Nelle ore successive all’approvazione della riforma Cartabia in Consiglio dei ministri i due big co-conduttori del movimento – restano divisi. “Non è la nostra riforma – dice l’avvocato del popolo –  ma per lo meno l’abbiamo migliorata. Ora ho fiducia che saremo compatti in Aula”. Non proprio una promozione a pieni voti. Alla fine i grillini trovano la quadra sul via libera alla martoriata riforma della giustizia, che anche la Lega alla fine deve mandare già. “È una di quelle giornate in cui la soluzione si trova all’ultimo minuto”, dice D’Incà in evidente imbarazzo.

5Stelle divisi, l’ex premier non molla. Poi cede

Sulla riforma del processo penale, dossier simbolo per la tenuta della maggioranza,  per tutto il giorno fonti parlamentari 5 Stelle hanno fatto circolare concetti come “forte preoccupazione”. Tentati dall’astensione inCconsiglio dei ministri, alla fine si sono ricompattati per evitare nuove crisi dentro la maggioranza. Lo schema  è quello di sempre, drammatizzare, alzare la posta e poi risolvere. Ma fino a quando potrà funzionare? I retroscena fotografano un Luigi Di Maio nel ruolo di mite pontiere. “Conte rilancia sempre perché ha il mandato a rompere”, dicono 5Stelle più filogovernativi. Alla fine il ministro degli Esteri riesce a mediare e riportare a più miti consigli il minaccioso Conte.  Che della riforma Cartabia è sempre stato un grande oppositore. Preferendo il suo ex pupillo Guardasigilli.

Il compromesso al ribasso per non disturbare Draghi

Alla fine la ragione di governo ha prevalso. Anche il Colle ci ha messo del suo. “Ciascuno deve rinunciare a qualcosa per l’obiettivo comune”, l’appello di Mattarella. Ma per l’intera giornata di ieri Conte ha tenuto duro, minacciando la crisi di governo con Di Maio a ballare sulla poltrona della Farnesina. Il compromesso si è trovato sulla iduzione del 25% della durata dei processi. I pentastellati, con Conte regista, fino all’ultimo “hanno tirato la corda”. Prima hanno rilanciato con la richiesta di includere alcuni tipi di reati  tra quelli i cui processi non sarebbero mai finito. Poi hanno detto no all’allungamento dei tempi per i processi di mafia, terrorismo, violenza sessuale e droga. Alla fine l’accordo unanime arriva intorno alla forma transitoria di entrata in vigore della norma e al doppio binario per reati di mafia, terrorismo e stupro.

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