Firme false per il candidato Pd in Calabria alle Regionali 2020: arrestato il sindaco di Trebisacce

13 Lug 2021 12:09 - di Carlo Marini
Trebisacce

Il sindaco di Trebisacce (Cosenza), Francesco Mundo, è stato arrestato e posto ai domiciliari dalla guardia di finanza che ha condotto l’operazione “Mayor”, coordinata dalla Procura di Castrovillari. Per due dipendenti comunali e’ stata disposta invece la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio o servizio, rispettivamente per tre e sei mesi. Sono 18 le persone iscritte nel registro degli indagati a cui, a vario titolo, le fiamme gialle di Sibari hanno notificato l’avviso di garanzia per peculato, concussione, truffa a danno di Ente locale, falsita’ ideologica commessa dal privato in atto pubblico e formazione e/o uso di schede e atti falsi disciplinati dal Testo Unico delle Leggi per la Composizione e la Elezione degli Organi delle Amministrazioni Comunali, destinati alle operazioni elettorali.

Dagli accertamenti effettuati nell’ambito della procedura di gara “Project Financing”, relativa all’aggiudicazione del contratto di concessione, di progettazione, costruzione e gestione dell’autostazione di Trebisacce, sarebbero emersi indizi di colpevolezza nei confronti di 18 indagati, tra cui il sindaco Mundo, risultato al tempo candidato alle elezioni regionali calabresi del 28 gennaio del 2020. Nell’occasione le fiamme gialle hanno accertato “illiceita’ nella raccolta delle sottoscrizioni necessarie per raggiungere il quorum indispensabile alla dichiarazione di presentazione della lista circoscrizionale di candidati ‘Io resto in Calabria’, Circoscrizione Elettorale Nord, a sostegno di Pippo Callipo presidente della Regione Calabria”. Le elezioni vennero poi vinte dalla candidata del centrodestra, Iole Santelli, morta per un cancro pochi mesi dopo.

Le accuse contro il sindaco di Trebisacce

Secondo gli inquirenti, Mundo si sarebbe adoperato “al fine di reperire un maggior numero possibile di sottoscrizioni nella circoscrizione elettorale di competenza, raccogliendo illecitamente, senza la presenza del pubblico ufficiale autenticante, oltre 200 sottoscrizioni di elettori (alcuni dei quali inconsapevoli) e impiegando, solo in un secondo momento, un dipendente dell’Ufficio elettorale del Comune al fine della fittizia autenticazione. Cio’ ha consentito di raggiungere il quorum necessario per la presentazione della lista”.
Le indagini hanno permesso di acclarare come il primo cittadino, successivamente alla competizione elettorale (nella quale e’ risultato il primo candidato non eletto), abbia “individuato e ricercato soggetti compiacenti, tutti oggi iscritti nel registro degli indagati, al fine della sottoscrizione di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, nelle quali i dichiaranti avrebbero attestato falsamente di aver assistito allo scrutinio delle schede, in alcune sezioni ricomprese nelle circoscrizioni dei comuni di Paola ed Amantea, rappresentandone la verificazione di irregolarita'”.

(Nella foto Ansa: l’allora segretario Pd Zingaretti con il candidato alle Regionali 2020 Filippo Callipo. Carabinieri all’ingresso di Trebisacce)

L’indagine della Guardia di Finanza

Dichiarazioni successivamente allegate al ricorso (dichiarato poi inammissibile dal giudice amministrativo) che il sindaco di Trebisacce ha presentato al Tar Calabria – sede di Catanzaro – al fine di ottenere, illegittimamente, un provvedimento che disponesse nuovamente il conteggio dei voti e la sua proclamazione a consigliere regionale.
Al fine di predisporre l’istruttoria necessaria al ricorso e per ulteriori esigenze esclusivamente personali (anche quelle relative all’esercizio della sua professione di avvocato), il sindaco di Trebisacce avrebbe utilizzato “in molteplici occasioni, l’auto del Comune, distraendola dalla prevista destinazione per finalita’ istituzionali e impiegando illecitamente, quale autista, un dipendente dell’Ente (componente del suo staff), il quale, in assenza di permesso e senza timbrare l’uscita ed il rientro, ha indotto il Comune in errore circa la sua presenza sul luogo di lavoro, percependo indebitamente la retribuzione per ore di lavoro di fatto non effettuate”.

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