E’ morto Roberto Calasso, con la Adelphi picconò l’egemonia culturale della sinistra marxista
Lo scrittore ed editore Roberto Calasso, presidente e consigliere delegato della casa editrice Adelphi, è morto a Milano all’età di 80 anni dopo una lunga malattia. Era nato a Firenze il 30 maggio 1941. Saggista e narratore, nel 1962, a soli 21 anni, entrò a far parte di un piccolo gruppo di persone che, insieme a Roberto Bazlen e Luciano Foà, stava elaborando il programma di una nuova casa editrice: sotto la sua guida Adelphi è diventata uno dei marchi più importanti nell’editoria di qualità. Proprio oggi escono in libreria i suoi ultimi due libri, “Bobi” e “Memé Scianca“.
Direttore editoriale di Adelphi nel 1971
Fin dalla fondazione, Calasso è stato l’animatore di Adelphi, diventandone nel 1971 direttore editoriale e nel 1990 consigliere delegato. Dal 1999 era anche presidente della casa editrice. Per la sua casa editrice è stato traduttore e curatore di “Il racconto del pellegrino di sant’Ignazio” (1966), “Ecce homo” di Friedrich Nietzsche (1969), “Detti e contraddetti” di Karl Kraus (1972) e “Aforismi di Zürau” di Franz Kafka (2004).
I libri di Roberto Calasso
A partire dall’inizio degli anni ’80 Roberto Calasso si è dedicato a un’opera in varie parti, un monumentale work in progress, con cui ha rielaborato, tra saggistica e narrativa, materie molto diverse e strettamente connesse fra loro, mentre nessuna è assegnabile a un genere canonico. Di questa impresa editoriale sono stati pubblicati undici volumi, che formano un insieme di oltre quattromila pagine: “La rovina di Kasch” (1983); “Le nozze di Cadmo e Armonia” (Adelphi); “Ka” (1996); “K.” (2002); “Il rosa Tiepolo” (2006); “La Folie Baudelaire” (2008); “L’ardore” (2010); “Il Cacciatore Celeste” (2016); “L’innominabile attuale” (2017); “Il libro di tutti i libri” (2019); “La tavoletta dei destini” (Adelphi 2020). I suoi libri sono tradotti in 25 lingue e pubblicati in 28 paesi.
Gli autori scomodi riscoperti da Calasso
Con la casa editrice Adelphi ha demolito l’egemonia culturale dell’editoria di stampo marxista che si muoveva tra Einaudi e Laterza. Non a caso Adelphi è la prima voce del libro “Fascisti immaginari” di Luciano Lanna e Filippo Rossi. Dove si ricorda la scelta di pubblicare tutta l’opera di Nietzsche sfidando il “perbenismo” marxista fino a delineare un paesaggio culturale, grazie al catalogo Adelphi, in cui risultano essenziali anche autori come Heidegger, Dumezil, Guénon, Cioran, Schmitt, Lorenz. Calasso fu dunque l’editore – come scrisse Ugo Volli – “più attento ai grandi scrittori difficili e rimossi del nostro tempo”.
La scomunica della sinistra
Scomunicato dalla sinistra per i titoli scomodi del catalogo Adelphi e poi per la pubblicazione del testo Le Salut par les Juifs di Léon Bloy, Calasso amava la sua veste di eretico sofisticato. “Il migliore argomento che conosco in difesa della lettura in quanto tale – diceva – è un’osservazione di Robert Walser: ‘Chi legge, nel momento in cui legge, non fa danno’ “. Ha rappresentato una voce controcorrente rispetto a quell’editoria che vedeva con sospetto ciò che veniva considerato un cedimento verso “l’irrazionale” del mito e della religione, qualsiasi essa sia, e Calasso guardava con grande attenzione anche al mondo vedico e buddhista.
Figlio del giurista Francesco Calasso e di Melisenda Codignola, frequentò il liceo classico Torquato Tasso di Roma e, successivamente, si laureò in letteratura inglese con Mario Praz discutendo una tesi dal titolo “I geroglifici di Sir Thomas Browne”. Nel 1962 prese parte alla fondazione di Adelphi, di cui attualmente era proprietario come azionista del 71% del capitale. L’editore e scrittore era sposato con la scrittrice Fleur Jaeggy.