Mottarone, poche ore prima della strage sostituita una ruota in cui passava il cavo

27 Mag 2021 19:03 - di Redazione
mOTTARONE_ FUNIVIA

Sabato, solo poche ore prima, della tragedia del Mottarone alcuni tecnici della Sfc Monterosa, società che si occupa di manutenzione di impianti a fune, è intervenuta per occuparsi della sostituzione di un rullo, ossia di una ruota attraverso cui passava il cavo, intervento che non spiegherebbe la rottura della fune trainante ma confermerebbe che sull’impianto gestito da Luigi Nerini, attualmente in carcere in stato di fermo, gli interventi erano continui. E non riguardavano solo le anomalie all’impianto frenante.

Da quanto si apprende chi ha visto da vicino l’impianto sabato, giorno prima che la cabina della funivia precipitasse causando 14 morti, non è stato ancora ascoltato dai carabinieri che indagano sul disastro.

Dell’intervento esiste, tuttavia, un rapporto in possesso sia della società operante che preferisce non rilasciare dichiarazioni sia di quella che gestisce l’impianto attualmente sotto sequestro.
La rottura della fune resta ancora senza un’apparente causa. E solo una consulenza tecnica potrà spiegare l’evento che, a usare le parole del procuratore capo di Verbania Olimpia Bossi, “ha innescato il disastro“.

Gabriele Tadini, caposervizio responsabile dell’impianto  “ha ammesso di aver deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni) durante il normale servizio di trasporto passeggeri, in tal modo disattivando il sistema frenante di emergenza destinato a entrare in funzione ed arrestare la corsa della cabina della funivia in caso di pericolo ed in particolare di improvvisa rottura della fune trainante“, spiegano i magistrati nel decreto di fermo emesso dalla Procura di Verbania che indaga sulla tragedia del Mottarone in cui hanno perso la vita le 14 persone.

Una scelta che ha come fine quello di “ovviare ai problemi da tempo manifestatisi al regolare funzionamento del sistema frenante; condotta di cui erano stati ripetutamente informati tanto il Perocchi quanto il Nerini, che avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il temporaneo fermo dell’impianto, con conseguenti ripercussioni di carattere economico“.

E uno dei passaggi del decreto di fermo emesso nei confronti dei tre indagati, Luigi Nerini gestore della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini caposervizio responsabile dell’impianto ed Enrico Pericchio ingegnere e consulente esterno, dalla Procura di Verbania.

La rottura della fune trainante della funivia del Mottarone, per cause ancora da accertare, ha fatto sì che la cabina numero 3 in prossimità della stazione finale di Mottarone, “invece di arrestarsi sospesa alla fune portante come avrebbe dovuto fare, se fossero stati rimossi i forchettoni rossi cosiddetti blocca freni, iniziava a scivolare all’indietro, scendendo a folle velocità verso valle, in direzione Stresa, località Alpini e, dopo aver raggiunto il pilone numero 3 della tratta Alpino-Mottarone, si sganciava dalla fune portante, schiacciandosi a terra e rotolando a valle sul pendio fortemente scosceso, fino a quando impattava contro un albero“.

L’incidente, ricostruisce la Procura, che ha comportato la “morte immediata sul posto per politraumatismo contusivo-fratturativo con emorragia” di 13 turisti a bordo, il piccolo Mattia di 6 anni è morto alle 19.15 di domenica 23 maggio all’Ospedale Regina Margherita di Torino dove è ricoverato l’unico sopravvissuto della tragedia.

I magistrati sottolineano che “altri sapevano” di quello che stava succedendo. E del fatto che veniva utilizzata una procedura non conforme per bypassare i continui malfunzionamenti, quella dei cosiddetti “forchettoni”, che metteva in pericolo i passeggeri nel momento in cui si fosse rotta una fune, come, poi, è effetivamente accaduto.

Il che non vuol dire, ci tiene a precisare chi indaga sulla strage, che altri dipendenti dell’impianto della funivia del Mottarone finiscano nel registro degli indagati, ma che i tecnici abbiamo agito su ordini altrui.
Ora sulla valutazione delle condotte dovrà procedere la Procura di Verbania che indaga per omicidio colposo plurimo e lesioni plurime.

La “condotta sconsiderata” di Luigi Nerini, Gabriele Tadini ed Enrico Pericchio “ha determinato” la morte di 14 persone e lesioni gravissime di un bambino di 5 anni che “comporteranno in caso di accertato riconoscimento della relativa responsabilità penale l’irrogazione di una elevatissima sanzione detentiva“, scrivono i magistrati nel decreto di fermo.

Il provvedimento di fermo si basa sul pericolo di fuga, possibilità che la Procura ritiene possibile “in considerazione dell’eccezionale clamore anche internazionale per la sua intrinseca drammaticità, che diverrà sicuramente ancora più accentuato al disvelarsi delle cause del disastro“.

Per gli inquirenti, dunque, la decisione di far aprire le porte del carcere si rende necessaria perché “sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi alle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate”.

La Leitner ha intanto fatto sapere che si costituirà parte civile nel procedimento giudiziario sulla tragedia e gli eventuali risarcimenti saranno devoluti alle famiglie delle vittime.

“La manomissione degli impianti di sicurezza che ha portato alla tragica morte di 14 persone – commenta Anton Seeber, presidente di Leitner – è un atto gravissimo. L’utilizzo dei cosiddetti forchettoni è espressamente vietato con persone a bordo“.

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