Lite in Vaticano sui superstipendi ai manager laici. Gli impiegati al Papa: perché falcidiati solo noi?

19 Mag 2021 21:00 - di Roberto Frulli
VATICANO_BERGOGLIO

Esplode in Vaticano la questione dei superstipendi e dei privilegi principeschi riservati Oltretevere ai manager laici e ai consulenti ingaggiati a cifre iperboliche dopo che gli impiegati della Santa Sede, ai quali il Papa ha fatto tagliare le remunerazioni, si appellano con una lettera a Bergoglio lamentando sprechi vergognosi e imbarazzanti differenze nei riconoscimenti economici.

Non è mai stato un segreto che gli stipendi di chi lavora per il Vaticano siano ricchissimi. Ma ora gli impiegati, costretti da Bergoglio a stringere la cinghia, tirano fuori le vere cifre di alcuni dirigenti e consulenti esterni profumatamente pagati.

E così, con una petizione a Papa Francesco, dopo aver subìto i tagli agli stipendi digeriti con “amarezza”, i lavoratori della Santa Sede chiedono a Bergoglio di incontrare una loro delegazione. Non senza aver prima però, aver evidenziato “le enormi criticità che caratterizzano l’intero sistema e che lo inducono a sprecare molto denaro” suggerendo la necessità di un “rigido inquadramento salariale dei dirigenti laici entro limiti ben precisi, coerenti con lo spirito di servizio e sacrificio cui ci si appella sempre rivolgendosi a noi impiegati“.

Insomma Papa Bergoglio che predica sempre l’egualitarismo sembrerebbe, leggendo la lettera degli impiegati falcidiati, non applicare lo stesso principio aldilà delle mura vaticane.

Per cosa stiamo pagando, Santità? – si chiedono polemicamente gli impiegati a cui Francesco a sforbifiacyo gli stipendi. – Per le casse dell’Obolo destinato ai poveri, per aumentare gli stipendi ai dirigenti laici o per le costosissime consulenze esterne di cui si servono regolarmente?”.

I dipendenti vaticani puntano il dito contro i “vantaggi eccezionali” su cui invece a loro dire possono contare i manager laici.

Occupano splendidi appartamenti dell’Apsa, posizionati nelle zone più prestigiose di Roma, senza corrispondere alcun affitto all’Amministrazione in questione (si potrebbe fare un calcolo delle mancate entrate da affitti per gli immobili occupati per ‘privilegio’) e senza farsi carico di alcuna spesa di ristrutturazione, contrariamente a noi impiegati che paghiamo tutto – si legge nella petizione inviata a Bergoglio. – Oltre alla gratuità dell’affitto vorremmo menzionare macchine per uso privato, sconti sugli acquisti, segretari ad essi dedicati, rimborsi spese di varia natura“.

“Il vero problema – vanno giù duri gli autori della lettera che non è certo arrivata come un fulmine a ciel sereno su Papa Francesco – è che il Vaticano è basato su un sistema di privilegi che risultano deleteri sia a livello economico che reputazionale“.

I dipendenti del Vaticano, toccati nel portafogli, citano i contratti “fuori parametro” dei manager laici che “non smettono di destare stupore, variando dai 6.000 ai 10.000 fino ai 25.000 euro mensili. Troppo, per un sistema come il nostro, che dovrebbe basarsi sullo spirito di ‘servizio alla Chiesa’“.

“A nostro parere – suggeriscono al Pontefice – occorrerebbe un approfondimento in merito ed eventualmente una riforma. Ciò che è più grave, in riferimento al Motu Proprio, è l’esclusione delle categorie più agiate dalla decurtazione degli stipendi nonostante il riferimento, all’interno della lettera apostolica, a criteri di ‘proporzionalità e progressività’.
Insomma Bergoglio si sarebbe comportato, secondi gli impiegati, al contrario di Robin Hood: togliere ai poveri per garantire soldi ai ricchi.

Si può immaginare con quale fastidio Bergoglio abbia accolto la lettera che scoperchia un sistema di ingiustizie economico-salariali.

“Santità, ci permettiamo di rivolgerci alla Sua benigna attenzione per esprimerLe rammarico e profondo scoraggiamento per quanto disposto nel Motu Proprio del 24 marzo u.s., il cui testo Le è stato proposto dai Superiori della Segreteria per l’Economia – scrivono ancora gli impiegati. – Nonostante l’onorevole finalità di coprire, almeno parzialmente, il deficit di bilancio della Santa Sede attraverso l’introduzione del taglio degli stipendi di Cardinali, ecclesiastici, religiosi, Superiori laici (solo alcune categorie e sulla quota base) nonché la sospensione degli scatti biennali d’anzianità degli impiegati, non possono sfuggire a un lettore attento le incoerenze che comunque permangono nel Vaticano e che rendono questo provvedimento troppo sbilanciato a discapito dei lavoratori onesti“.

“Innanzitutto, il “futuro sostenibile” è un traguardo difficilmente raggiungibile nell’immediato – dubitano gli impiegati ai quali Bergoglio ha fatto sfilare i soldi dalla busta paga. – Volerlo fare nel breve termine non può che comportare un intervento troppo invasivo sui diritti dei lavoratori, privandoli dei benefici di cui già limitatamente godono, “.

Gli autori della lettera che getta scompiglio Oltretevere lamentano “il blocco delle assunzioni (con inevitabile sovraccarico degli impiegati già in servizio), la sospensione di promozioni e passaggi di livello funzionali (nonostante le accresciute responsabilità lavorative), il mancato pagamento delle ore di lavoro straordinario, il recupero gratuito delle ore spese obbligatoriamente in casa nel periodo del lockdown con impossibilità di lavorare in smart-working, e ora il taglio degli scatti biennali di anzianità“, tutti provvedimenti che aggravano “le condizioni di lavoro dei dipendenti vaticani“.

“Non possiamo fare a meno, Santità, di citare il concetto di “giusta ricompensa” di cui si parla nel Vangelo di Matteo (Mt 20, 1-16) o o “la debita mercede” cui si fa riferimento in Ger 22,13 o Gc 5,4 – arrivano a sostenere i dipendenti con la busta paga alleggerita mettendo in pesante imbarazzo Bergoglio trattato come uno schiavista. – Quanto dovremo sacrificarci ancora per pagare un deficit di bilancio che non deriva certo dal nostro malfatto?”.

“Continuando in questa direzione, Santità – avvertono Bergoglio i dipendenti amareggiati – il sistema diventerà sempre più privativo, anti-meritocratico e disincentivante. Secondo le più elementari teorie della psicologia del lavoro, queste strategie non solo non ripagano nel lungo periodo, in termini di motivazione, soddisfazione personale e produzione, ma sono un boomerang a livello di rendimento“.
Il senso non è difficile da capire: andando avanti così faremo lo stretto indispensabile.

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