Imprenditore veneto prigioniero in Sudan. La famiglia: abbiamo paura. Solo Fdi scrive a Draghi e Di Maio
Il caso dell’imprenditore veneto, Marco Zennaro, da quasi due mesi in carcere in Sudan, portato all’attenzione mediatica da un ampio servizio pubblicato ieri da La Verità, oggi, grazie a Fratelli d’Italia, ha anche ottenuto l’imprimatur della politica. Rilanciato dal Capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale del Veneto, Raffaele Speranzon, che ha annunciato in mattinata di aver interessato il massimo rappresentante del Governo «per la questione che sta tenendo in ansia una famiglia e un intero territorio». Mettendo nero su bianco, nella sua missiva, che: «Ho preparato una lettera da inviare al presidente del Consiglio Mario Draghi perché si prenda carico personalmente della vicenda di Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano da quasi due mesi in carcere in Sudan. È una situazione inaccettabile, che mette a rischio la sicurezza e la vita di un nostro connazionale e conterraneo: portiamolo subito a casa».
Imprenditore veneto prigioniero in Sudan: Fdi scrive a Draghi e a Di Maio
Non solo. A quanto si apprende sempre dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, sul fronte politico anche il consigliere regionale del Veneto, in quota Fdi, Enoch Soranzo è intervenuto sul caso. «Ho indirizzato stamane una mia lettera al ministro degli Esteri Luigi Di Maio per chiedere l’immediato intervento del governo per una rapida e positiva risoluzione della controversia che vede il nostro connazionale Marco Zennaro. Attonito per la ricostruzione che i familiari dell’imprenditore hanno affidato alla stampa, come pure», ha affermato Soranzo, «per la notizia dell’uccisione dell’unico testimone che avrebbe potuto scagionare il quarantaseienne veneziano».
Il caso dell’imprenditore veneto in cella in Sudan: le tappe della vicenda
Già, perché il giallo della carcerazione in Sudan dell’imprenditore veneziano 46enne è inquietante davvero. E comincia nei mesi scorsi, quando l’uomo avvia la trattativa per la vendita di alcuni prodotti, interfacciandosi con l’intermediario Ayman Gallabi. Quest’ultimo – riferisce La Verità – a sua volta «avrebbe rivenduto la merce a Sedc ltd (società nazionale dell’energia elettrica del Paese africano, ndr). Per Gallabi però i prodotti non rispecchiavano le caratteristiche tecniche e i parametri indicati nei certificati di collaudo». Un riscontro che avrebbe indotto il manager veneto a volare in Sudan per incontrare de visu la controparte e risolvere la questione. Sappiamo che, successivamente, l’intermediario degli affari è stato rinvenuto cadavere nel Nilo.
La misteriosa morte dell’intermediario africano rinvenuto cadavere nel Nilo
Deceduto, secondo la versione ufficiale, durante un’immersione… Ed è a questo punto che il quadro si complica, virando su una complicazione a dir poco kafkiana degli eventi. Eventi fortemente condizionati da questa morte, che oggi hanno spinto i familiari di Marco Zennaro a sostenere che: il ritrovamento di questa persona morta ci fa temere per la sua incolumità. Marco è a rischio, l’appello è che la vicenda diventi di interesse ministeriale e che tutti si attivino per riportarlo a casa». Uno sforzo, a detta del fratello dell’imprenditore veneto, Alvise Zennaro, compiuto fin qui «dall’ambasciatore Gianluigi Vassallo.
L’intervento dell’ambasciatore e i costanti contatti con i familiari di Marco
Una figura importante: «È stato grande – ha confermato il fratello di Marco Zennaro –. Sin da subito i contatti sono stati costanti. Ha fatto e sta facendo l’impossibile per cercare di porre fine a tutto questo». Laddove per tutto questo dobbiamo intendere quello che lo stesso familiare dell’imprenditore ha definito «una vicenda che nessuno avrebbe mai immaginato. Chi si sarebbe aspettato che ci si sarebbe potuti trovare in un guaio simile partendo da un business commerciale? Siamo finiti», ha aggiunto Alvise Zennaro, «in una cosa più grande di noi. Per la quale chiediamo aiuto».
La richiesta di un riscatto di 700.000 euro alla famiglia dell’imprenditore veneto
«Mio fratello è detenuto da oltre 50 giorni contro ogni dignità umana, contro ogni diritto di una civiltà. È uno strazio, per tutta la nostra famiglia, per sua moglie, per i bambini», ha dichiarato all’Ansa il fratello del manager, sollevando il velo su un orrore che possiamo solo immaginare. Una vicenda su cui è calata l’ombra di un terribile sospetto. Quello paventato da La Verità, secondo cui una fonte qualificata del quotidiano avrebbe confermato che «alla famiglia dell’imprenditore veneto è pervenuta la richiesta di riscatto di 700.000 euro. Sul fatto che il denaro sia il filo conduttore di questa storia sembrerebbero esserci pochi dubbi».
Un affare disseminato di ostacoli sin dal principio
«Il nostro connazionale è andato a trattare direttamente in Sudan a metà marzo. E fin dal principio – prosegue il quotidiano diretto da Belpietro – l’affare non è stato privo di ostacoli. Dato che Zennaro, secondo la nostra fonte, ha condotto la trattativa, cominciata lo scorso 17 marzo, dall’interno dell’albergo di Khartoum nel quale si trovava, qui era controllato da alcuni piantoni. Come già detto dal fratello, di fronte a lui c’era il solo Gallabi che, secondo la versione ufficiale delle autorità sudanesi, è morto durante un’immersione subacquea nel Nilo. Ricostruzione che lascia più di qualche dubbio e scatena la legittima preoccupazione dei familiari di Zennaro».
«Imbarazzanti le accuse che hanno portato all’arresto di Zennaro»
Una preoccupazione accolta fin qui solo da Fratelli d’Italia. E su cui, il capogruppo Speranzon ha commentato: «Tutte le accuse che lo hanno portato all’arresto sono francamente imbarazzanti. E le continue richieste di denaro per la sua liberazione sono offensive e preoccupanti. Il ragazzo ha problemi di salute, ma nonostante questo non è stato trasferito in ospedale. Con il mediatore a cui si era rivolto è stato trovato ucciso e gettato nel Nilo. Non c’è più tempo da perdere: nella lettera al premier Draghi ho sottolineato questa urgenza, chiedendo il massimo impegno da parte di tutte le istituzioni per riportare Marco a Venezia dalla sua famiglia“.
Speranzon (Fdi) al premier Draghi: «Riportiamo l’imprenditore Zennaro a casa»
“Anche il mondo sportivo si è mobilitato per chiedere la liberazione di Marco – aggiunge Speranzon – rilancio e appoggio con convinzione la campagna social lanciata dalla Federazione Italiana Rugby del Veneto con l’hashtag #SosteniamoMarco, così come non posso che accogliere la richiesta del Venezia Rugby di far sentire da Venezia e dal Veneto una sola voce per chiedere il suo ritorno in Italia”. E per fare luce su una vicenda coperta da un inquietante cono d’ombra e su cui fino a ieri, come detto, nessuno sapeva o diceva nulla…