Draghi al Colle? «Un ingorgo istituzionale»: il costituzionalista spiega cosa accadrebbe

22 Mag 2021 18:49 - di Luciana Delli Colli
draghi colle governo

Il rimbrotto con cui Mario Draghi qualche giorno fa ha liquidato la questione del prossimo presidente della Repubblica non è servito a smorzare il dibattito sull’eventualità che al Colle approdi proprio lui, direttamente dal governo. L’ipotesi di un presidente del Consiglio che da Palazzo Chigi salti subito al Quirinale, però, rappresenterebbe un inedito, sul quale molti si interrogano. Che succede? Come può avvenire il passaggio? Che ne sarebbe del governo? Chi assumerebbe, seppur momentaneamente, il ruolo di premier? A cercare di dare una risposta a queste domande ci ha pensato il costituzionalista Alfonso Celotto, interpellato dall’Adnkronos. «Naturalmente – ha premesso – per ora si tratta solo di ipotesi di scuola».

Celotto: «Ingorgo istituzionale senza precedenti»

Celotto, ordinario di diritto costituzionale presso l’Univerisità Roma Tre, ha quindi chiarito che uno scenario del genere costituirebbe «un ingorgo istituzionale senza precedenti», ma non per questo privo di soluzione, sebbene il caso non sia disciplinato in maniera specifica. La premessa da cui partire è che, Costituzione alla mano, «l’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica». Dunque, Draghi dovrebbe dimettersi da premier. E, fin qui, siamo nell’ovvio. Quello che succede dopo, invece, è tutt’altro che scontato.

Draghi al Colle: che succede al governo?

Ci si troverebbe, infatti, con un Capo dello Stato uscente e uno non ancora insediato, che è anche il presidente del Consiglio dimissionario, che non potrebbe guidare il governo neanche per gli affari correnti. Che si fa dunque? Per Celotto «la via più semplice potrebbe essere la nomina di un vicepresidente del Consiglio. Una soluzione che naturalmente richiede vari passaggi». In questo caso l’unico riferimento normativo da cui partire è l’articolo 8 della legge 400/1988, che disciplina l’attività del governo e l’ordinamento della presidenza del Consiglio. Prevede che «in caso di assenza o impedimento temporaneo del presidente del Consiglio, la supplenza spetta al vicepresidente o, qualora siano nominati più vicepresidenti, al vicepresidente più anziano secondo l’età. Quando non sia stato nominato il vicepresidente del Consiglio dei ministri, la supplenza spetta, in assenza di diversa disposizione da parte del presidente del Consiglio, al ministro più anziano secondo l’età».

Allo stato attuale il premier sarebbe Brunetta

Dunque, poiché ad oggi non esiste un vicepresidente, se ci si fermasse alla fotografia attuale, a fare il premier andrebbe Renato Brunetta, che con i suoi 71 anni è il ministro più anziano. In ogni caso, sebbene sia accaduto che vicepresidenti o ministri anziani abbiamo tenuto Consigli dei ministri, non è mai accaduto che la sostituzione del premier si prolungasse nel tempo. Tanto meno, ha sottolineato Celotto, «è previsto in nessuna norma cosa accada qualora l’assenza o l’impedimento dipendano da dimissioni per l’elezione a Capo dello Stato».

La gestione di una crisi di governo lampo

In ogni caso, sempre come “ipotesi di scuola”, Draghi potrebbe anche nominare un vicepresidente, che «guiderebbe il governo fino al suo insediamento come Capo dello Stato, presentando le dimissioni immediatamente dopo come avviene per prassi». Certo, si creerebbe una situazione in cui il presidente della Repubblica uscente dovrebbe gestire una crisi di governo lampo e la nascita immediata di un altro esecutivo, che comunque si dimetterebbe non appena insediato il nuovo inquilino del Colle. Un bel garbuglio, in cui vi sarebbe un altro inedito: le dimissioni di un premier uscente formalmente accettate senza la nomina contestuale del successore.

Il costituzionalista: «Siamo solo all’inizio dei giochi»

«È chiaro che in questo caso non sarebbero dimissioni di cortesia, ma segnerebbero l’inizio formale di una crisi di governo. Ma qui – ha precisato Celotto – ci addentriamo in un campo che è prettamente politico, nel quale naturalmente non intendo entrare. Fermo restando che, anche per quanto riguarda l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, siamo solo all’inizio di giochi e valutazioni. Non solo politiche, ma anche giuridiche come abbiamo visto, che ci accompagneranno – ha concluso il costituzionalista – da qui a gennaio».

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