Caso Amara, primo intoppo sulla competenza territoriale: i verbali consegnati a Milano, non a Roma
In un fosco clima da Armageddon, mentre infuria con tutto il suo carico di roventi polemiche e imbarazzi la vicenda Amara, il Consiglio Superiore della Magistratura si riunisce in plenum, presieduto – in assenza di Mattarella che ne è presidente – dal suo vice, il renziano David Ermini, uno dei nomi su cui si è abbattuta l’onda fangosa dello scandalo.
Ermini era stato informato da Piercamillo Davigo, fuor di protocollo, di quei veleni che stavano tormentando la Procura di Milano.
È oramai accertato che Ermini ha informato della delicatissima faccenda il presidente della Repubblica il quale ha avuto la delicatezza di inviare, per il tramite dello stesso Ermini, i ringraziamenti a Davigo per averlo messo al corrente della guerra intestina che si stava consumando nell’ex –Regno di Mani Pulite fra il pm Paolo Storari il capo degli uffici Francesco Greco. Che di Davigo era amico e collega, un tempo oramai lontano.
Su tutta la faccenda che sta avvelenando il clima fra le toghe indagano, al momento, quattro Procure: Milano, Perugia, Roma e Brescia, oltre al Procuratore Generale della Cassazione Giovanni Salvi che la Procura di Roma la conosce come le sue tasche essendoci cresciuto professionalmente prima di spiccare il volo verso gli alti lidi.
Nell’intreccio di relazioni e conoscenze, una ragnatela intricatissima e complicata da dipanare, è rimasto impigliato oltre a Davigo, Ermini e Mattarella, anche lo stesso Salvi latore, anche lui, della confessione personale di Davigo sul disastro che stava accadendo a Milano dopo la denuncia – informale – del pm Paolo Storari sullo scontro con Greco e sull’inerzia dell’inchiesta che sarebbe dovuta originare dai nove verbali riempiti dall’avvocato Amara.
Salvi pare sia furibondo perché Davigo non gli ha detto di avere in mano materialmente i verbali riempiti da Amara e consegnatigli dal pm Storari a Roma.
E ieri, in un confronto con il ministro Cartabia i due hanno deciso che sarà Salvi a procedere con le sanzioni disciplinari che stanno per piovere sulle capocce delle toghe coinvolte.
Storari, indagato dalla Procura di Roma, in merito all’inchiesta sui verbali secretati di Piero Amara, che ha svelato la presunta loggia Ungheria con nomi noti, si dice pronto a chiarire e a parlare nelle sedi opportune e a farlo con carte alla mano.
Nessuna paura di spiegare – sabato prossimo quando è atteso davanti ai pm di Roma – cosa è successo negli uffici al quarto piano della procura di Milano, dove il presunto immobilismo dei vertici ha portato Storari a consegnare all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo verbali coperti da segreto, verbali poi diffusi dalla segretaria di Davigo (lei è indagata per calunnia e ora è sospesa) ad alcune testate giornalistiche.
C’è un aspetto tutto da chiarire che riguarda la competenza territoriale dell’inchiesta per la quale Storari è indagato dalla Procura di Roma.
Il pm, infatti, si trovava a Milano quando consegnò a i verbali secretati di Piero Amara, nelle mani dell’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo perché informasse chi di dovere del presunto immobilismo dei vertici della Procura meneghina rispetto al contenuto, a partire dalla presunta loggia Ungheria con nomi di magistrati, politici ed esponenti di primo piano delle istituzioni.
La consegna di quegli atti a Milano potrebbe porre dei dubbi sulla competenza dell’inchiesta: a indagare potrebbe essere la procura di Brescia, quella competente a occuparsi delle questioni che riguardano le toghe milanesi.
Oggi è toccato a Davigo presentarsi alla Procura di Roma come persona informata sui fatti.
“E’ un momento molto difficile per la magistratura che ha voglia e orgoglio di un grande riscatto, anche il Consiglio sente questa forza e questa voglia”, ha ammesso in apertura del plenum di questa mattina il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, nel corso di un passaggio del ricordo di Pietro Scaglione, nel 50esimo anniversario della morte per mano della mafia, e di Rosario Livatino, che il 9 maggio sarà beatificato.
In questi momenti, ha sottolineato Ermini, “serve fare riferimento a grandi figure di magistrati come sono stati Scaglione e Livatino. Cioè persone quanto mai lontane dal fango che è emerso dopo il caso Palamara e, poi, dopo il caso Amara.