Sacchi si vendica di Scalfaro e della sinistra: “Vergognoso l’antipatriottismo per la mia Nazionale”

13 Apr 2021 15:29 - di Lucio Meo

Non di sinistra o troppo di destra, sicuramente berlusconiano, ma per alcuni con simpatie mussoliniane. Leggende, magari, ma di sicuro le accuse che lancia oggi il più grande allenatore italiano, Arrigo Sacchi, faranno fischiare le orecchie e molti politici, anche se qualcuno, come l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, non c’è più. A leggere tra le righe l’intervista di Sacchi a Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici“, l’ex Ct della Nazionale e l’ha con chi, nel ’94, all’indomani della vittoria dei Mondiali Usa sfiorata contro il Brasile (l’Italia perse ai calci di rigore), scaricò critiche e veleni su di lui e su quell’impresa che poteva diventare da eccezionale in straordinaria. Si era in piena era anti-berlusconiana, con il Cavaliere al governo e Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale. Sarà un caso, ma non lo è, anche quel mancato invito al Quirinale dopo il ritorno dalla trasferta americana.

Le accuse di Sacchi alla sinistra sulla sua Nazionale del ’94

Si parla poco del nostro secondo posto ed è un fatto politico. È una vergogna. Siamo arrivati secondi ai rigori, oltre oceano, dove le squadre europee non hanno mai vinto. Alcuni partiti all’epoca dicevano di parlare male della Nazionale. Noi non siamo cavalieri del lavoro anche per questo. Abbiamo perso ai rigori. Se rifarei giocare Baggio nella finale? Io ero l’allenatore e avevo uno staff di medici. E di preparatori atletici. Se loro mi dicevano che poteva giocare, io lo facevo giocare. Non ho nemmeno un rammarico”. Alcuni partiti? A occhio, si direbbe i Ds, Rifondazione, la sinistra, che a Sacchi rimproveravano la vicinanza a Berlusconi, che lo aveva scoperto, valorizzato e portato a vincere tutto con il grande Milano. “Berlusconi ha una grandezza naturale e io gli devo molto, soprattutto il fatto di aver sempre creduto in me quando avevo tutti contro”, aveva detto un giorno, raccontando anche dell’invito a Palazzo Chigi, prima del Mondiale americano, appena diventato premier: “Mi disse: Se vince questa la faccio ministro dello Sport. Gli risposi: Ma non esiste nemmeno il ministero dello Sport. E lui: Beh lo creiamo. Gli dissi. Dottore se la mia impresa è difficile la sua è impossibile. Perché l’italiano ha il senso della nazione ma non il senso dello Stato”. Da sinistra, più avanti, gli sarebbe arrivata anche l’accusa di razzismo e di simpatie per il Duce.

Lo stress  e il senso della Patria di Arrigo

“Da allenatore, non sempre facevo il giro dell’albergo per vedere se i ragazzi erano a letto. Ogni tanto prima delle partite andavo nelle camere per ribadire concetti, dare coraggio e chiarezza. Per risparmiare le visite, avevo messo i due difensori centrali nella stessa camera, i due attaccanti nella stessa camera, e così via”, ha raccontato a Radio 2. E l’Italia, il patriottismo? “Questo Paese, quando ha fatto squadra, è diventato una forza veramente. Questo Paese, persa la guerra, era distrutto moralmente, economicamente e materialmente. Dopo 25 anni eravamo la quinta potenza economica mondiale. Questa è la forza della squadra. Il nostro Paese ha confuso i valori. Crede che le scorciatoie siano il progresso. E’ un Paese che crede che le conoscenze valgano più della conoscenza. E’ un Paese purtroppo dove il giornalista se vinci anche non meritando, ma hai vinto, per vendere più giornali dice delle bugie. E’ una gara a chi è più scorretto. Cerchiamo sempre di fare delle piccole congreghe per avere un vantaggio. Ma così non si fa squadra”.

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