Sereni, l’inferno continua: assolto dalle accuse di aver stuprato la figlia dai giudici, ma non dalla Lucarelli

18 Mar 2021 17:11 - di Luca Maurelli

Undici anni d’inferno, accusato del crimine più orribile per un papà, il più infame, il più imperdonabile, uno di quei crimini da cui è più difficile difendersi: aver abusato della propria figlia di quattro anni. Poi, finalmente, l’assoluzione, dopo un iter giudiziario vergognosamente lungo. Finalmente, si fa per dire. Siamo in Italia.
Matteo Sereni, ex portiere di serie A, Brescia, Lazio, Torino, qualche presenza in Nazionale, credeva di essere finalmente uscito dall’incubo, ma stamattina deve esserci ripiombato leggendo il paginone, con richiamo in prima pagina, che gli ha dedicato Selvaggia Lucarelli su “Il Fatto Quotidiano“. E ha scoperto che non basta, in Italia, essere assolto dai giudici. Una giornalista può avere un’idea diversa e dedicare un articolo a piluccare sulle spigolature di una vicenda tremenda, alla ricerca di ombre, di comportamenti sbagliati di Sereni, di un titolo forte su “un martire” o “un eroe” che non c’è. “Sì, è stato assolto, però, ma, se, in effetti, a ben vedere…”, si avventura la Lucarelli, che da moralista sui post sconci delle soubrette si sposta con disinvoltura sul piano dell’etica giudiziaria quando parla del maschio indagato e scagionato ma pur sempre un po’ maschio indagato.

Selvaggia Lucarelli e l’assoluzione di Sereni “che non è un martire”

“Non è un martire e neanche un Santo”, scrive dunque Selvaggia. Ma c’era bisogno di specificarlo? Qualcuno aveva indicato l’ex calciatore come eroe? Un uomo giudicato da un tribunale “innocente” di aver approfittato della sua bambina, dopo essere stato sulla graticola per undici anni, merita di essere almeno indicato come innocente, non gliene frega niente di essere un eroe o un martire, anche se un po’ martire della giustizia potrebbe sentirsi a giusta ragione.
Perché il punto è: ha commesso quel terribile reato? Non esistono mezze misure, non possono esistere se c’è un verdetto definitivo. Se sì, è un mostro, e va messo al bando dalla società, se no è innocente, va riabilitato, non dovrebbe esserci spazio per articoli su ombre e chiaroscuri. Che poi sarebbero le corna messe alla moglie, il litigio con il suo amico, la creazione di un profilo social falso per raccogliere prove in sua difesa, la suora che avrebbe parlato troppo.
No, non è un santo, Sereni. Ma dedicargli una pagina di dubbi e punzecchiature per difendere, per partito preso, una donna, la moglie del calciatore, che si è rivelata quantomeno una accusatrice inattendibile “pur volendo agire in difesa dei figli”, come scrivono i giudici, rientra a pieno nella filosofia del “travaglismo”, secondo cui le accuse contano quasi più delle sentenze.

«Non sono un pedofilo, i bambini li amo e li rispetto. Sono una persona perbene», ha commentato Sereni, dopo la sentenza.

Il “Fatto Quotidiano” e le accuse che contano quasi più delle sentenze

La Lucarelli, oggi, sul “Fatto Quotidiano“, si addentra nella “intricata” vicenda che ha coinvolto  Sereni, la sua ex moglie Silvia Cantoro e i due figli avuti dalla coppia. Accuse di abusi su una bambina, crollate alla prova delle prove. Eppure, scrive la Lucarelli, “sebbene la storia racconti con efficacia il cortocircuito della giustizia e il fallimento degli assistenti sociali, il dipingere come martire sulla stampa Matteo Sereni è un racconto quantomeno parziale”.

Ma se la giornalista avesse atteso anch’ella undici anni per una sentenza sulle vicende giudiziarie che l’hanno coinvolta, ne sarebbe stata contenta? E se quegli undici anni fossero trascorsi nel disprezzo sociale di chi la considerava una pedofila, fino a prova contraria? Possibile che la Lucarelli non provi un minimo di umana compassione per quel marito accusato di infamità ma innocente?

“Certo, è vero che dopo undici anni di battaglie legali in cui Matteo Sereni si è dovuto difendere dalle accuse di abusi nei confronti della figlia (e più lateralmente del figlio), le accuse nei suoi confronti sono state archiviate. Tuttavia, nel leggere l’infinita quantità di carte si scopre che sulla figura di Sereni restano delle ombre poco edificanti….“.
Ma quali sarebbero queste ombre, rispetto alla luce di una verità enorme, la non colpevolezza del “mostro”?
Dunque: Silvia e Matteo Sereni si sposano nel 1998 e hanno due figli, il loro matrimonio va in crisi, lei scopre che il marito ha una relazione con un’altra donna, poi lei dichiara di aver sorpreso il marito in una situazione equivoca – ma lo dice lei –  e chiede agli psicologi di sentire la bambina, i bambini finiscono in una comunità protetta, dopo ben 6 anni dalle prime accuse, Sereni viene condannato per abusi a 3 anni e sei mesi, sentenza viene annullata per incompetenza territoriale, poi arrivano le assoluzioni, dopo undici anni, l’ultima a Torino.

Vietato compatire l’ex calciatore per l’odissea giudiziaria

La Lucarelli attacca i giornali per qualche commento sul “p0vero Sereni” , nonostante il suo comportamento, a detta della Lucarelli, “non sia stato lineare”. Corna a parte, l’ex portiere avrebbe creato un account falso iniziando un relazione virtuale con l’ex moglie e acquisendo prove a sua discolpa, procedimento penale a suon carico poi prescritto. E le prove sul computer dell’uomo, indicare dall’ex moglie? Non se ne trovano, ma la Lucarelli crede alla donna: “Le ha distrutte mio marito”. Ed ancora, tra le ombre che solleva la Lucarelli, il fatto che il papà, con la sua compagna, sia stato in contatto con le suore dove erano state ospitate. “Addirittura, quando una suora viene invitata dalla Procura a testimoniare sulla bambina, le due assistenti sociali la contattano proponendole un incontro e garantendole che avrà del denaro (il tutto viene intercettato). Quando il pm chiede alla suora se ha avuto contatti con le assistenti sociali, la suora nega. E viene condannata per false dichiarazioni”.
Quindi, nessuna condanna arriva per il presunto denaro promesso dalle assistenti sociali. Così come non si capisce che tipo di ombre ci siano, rispetto alle accuse di violenza sessuale, tra Sereni e il suo amico Marco Quaglia, il principale testimone a favore dell’ex portiere, nonché a sua volta indagato e prosciolto. I due hanno litigato per cose economiche, pare, ma Quaglia non ha mai cambiato la sua versione.
Ma tutto questo che c’entra con l’aberrante accusa di aver abusato delle figlie? E che c’entra la santità divina, quando c’è di mezzo la giustizia terrena?

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