Renzi sfida Letta sul riformismo e avverte: «Il Pd spezzi la catena dell’odio creata da Grillo»

20 Mar 2021 16:21 - di Michele Pezza
Renzi

Quattro sfide al Pd «in nome del riformismo». I sondaggi implacabilmente sotto il tre per cento non consigliano prudenza a Matteo Renzi. Tutt’altro. Il leader di Itavia Viva vede in crisi il suo ex-partito e decide di affrontarlo come farebbero agili vascelli contro una flotta di galeoni: manovre rapide ed improvvise inversioni di rotta per disorientare il nemico. Da qui la quadruplice sfida su giustizia, Sud, diritti e lavoro da lui lanciata al Pd dall’assemblea nazionale di Iv.

«Confronto su giustizia, Sud, diritti e lavoro»

«Siete dalla parte di diritto e civiltà giuridica o state con Bonafede e Travaglio? Al Sud si va avanti con assistenzialismo e reddito di cittadinanza o sbloccando le infrastrutture? I diritti ci si limita ad auspicarli o si fanno? Perché si è riformisti non se i diritti si evocano, ma se le riforme si fanno. Il lavoro lo creano le imprese, non i sussidi. Come fu con Jobs Act e decontribuzione». Renzi non resta indifferente al cambio della guardia al vertice del Nazareno. Saluta Enrico Letta come una «grande novità» rispetto ai tempi di Zingaretti, ma – aggiunge – «ora servono fatti». Del nuovo leader gli sono piaciuti il riferimento alla nuova legge elettorale, sebbene resti scettico che ne sarà approvata una diversa dall’attuale («non se ne farà niente»), e la condivisione senza riserve dell’agenda Draghi.

Renzi: «Con il 2% dettiamo la linea? Si chiama politica»

«Siamo passati dal proporzionale al Mattarellum e dal “Conte o morte” al governo-Draghi». Sulla strada della svolta riformista del Pd Renzi vede l’ostacolo del M5S. «Siamo pronti al confronto su tutti i punti ma – avverte – va spezzata la catena di odio che c’è nella politica creata in questi anni da Beppe Grillo. Se la cultura riformista accetta di affrontare la sfida del 2023 con chi alimenta la cultura dell’odio, è una contraddizione in termini». Infine, la rivendicazione del ruolo di Iv. «Con il due per cento abbiamo dettato la linea: come è possibile? Si chiama politica. Il sondaggio è un istante – conclude Renzi -, non fonda e non crea cultura politica».

 

 

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