Murgia vuole imporre la neolingua: anche dire “brava” e “bella” diventa offensivo

11 Mar 2021 9:09 - di Adele Sirocchi
Murgia

Michela Murgia ha fatto un altro dono (non richiesto) alle donne. Il libro Stai zitta (Einaudi) nel quale si prefigge di sfatare i luoghi comuni del maschilismo imperante. Combatte il linguaggio sessista, cioè tutte quelle sedimentazioni lessicali che risultano urticanti per la neolingua politicamente corretta. In pratica le riesce a metà: oppone ai luoghi comuni di maschi poco educati altrettanti luoghi comuni. Attingendo a quella cultura del vittimismo che in primis sono proprio le donne a rifiutare.

Murgia difende anche le quote che molte femministe rinnegano

Sulla questione quote la Murgia è categorica. Servono eccome. Inutile il fatto che una femminista illustre come Luciana Castellina abbia ribadito che questa lotta è da superare. Perché non si può far passare la valorizzazione delle donne come un mero fatto numerico. Invece per la Murgia sì. E’ un mero fatto numerico. E lo rivendica.

Dire “brava” o “bella” o “signora” è linguaggio da patriarcato

Ma lo sciocchezzaio della Murgia non si ferma qui. Basta leggere la recensione-stroncatura del suo libro che appare oggi sul Giornale: “Si passa poi ad affrontare lo spinosissimo tema del «Come hai detto che ti chiami?», cioè come chiamare una donna, e qui ci si incastra subito: non bisogna usare nomi o soprannomi (espressioni di paternalismo), solo cognomi, ma senza articoli, sennò si potrebbe finire nella sgradevole situazione dell’autrice, il cui cognome, se preceduto da articolo determinativo femminile, risulta assimilabile ad un altopiano della Puglia. Mi raccomando anche niente «signora» o «signorina», le donne devono prima di tutto avere un «perché» e non essere definite «per chi». Attenzione anche ai «brava» e ai «bella», pericolosissimi complimenti usati dal patriarcato per stabilire la propria superiorità sessuale nella gerarchia del pensiero”.

Murgia ci fa tornare al peggio degli anni Settanta

L’ossessione del patriarcato percorre ogni pagina, così come l’accusa alle donne che non la pensano come la Murgia di essere complici dei maschi oppressori. Non c’è alcun barlume di novità, dunque, né di evoluzione rispetto al femminismo più banale e scontato che si rifugia nello schema donna-vittima e maschio-potente-privilegiato. Un ritorno al peggio degli anni Settanta.

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