È morto Bertrand Tavernier, il regista colto che preferì il cinema americano alla Nouvelle Vague

25 Mar 2021 17:00 - di Priscilla Del Ninno
è morto Bertrand Tavernier

Cinema a lutto: è morto Bertrand Tavernier. Il regista, sceneggiatore e produttore francese aveva 79 anni. A dare la notizia della sua scomparsa, avvenuta oggi a Sainte-Maxime nel Var, la moglie e i figli del cineasta che hanno comunicato il triste annuncio sui social network. Dell’addio a un grande esploratore dell’animo umano e del suo ambiente, capace di addentrarsi oltre i confini della settima arte. Che poi ritraeva con la poesia di un pittore. Un regista cinefilo, passato dagli editoriali alle inquadrature, con la curiosità del neofita e l’approccio estetico di un esperto veterano. Un artista che, dal primo istante, si è orientato nei suoi film con l’entusiasmo dell’avventuriero alla ricerca di un realismo nazional-popolare. Come a caccia di un grande modernismo, da cui gli derivavano il senso acuto della polemica e la fine osservazione degli elementi sociali.

È morto Bertrand Tavernier

Figlio del poeta René Tavernier, appassionato di cinema fin da piccolo, Bertrand abbandona gli studi di legge per diventare critico cinematografico. Scrive per il Positif’ e i Cahiers du Cinéma. E inoltre firma diversi libri, alcuni dei quali sul cinema americano. Già, perché Tavernier, più sedotto dal cinema americano che tentato dall’avanguardismo della Nuovelle Vage di casa sua, all’inizio degli anni sessanta fonda con Bernard Martinand e il poeta Yves Martin un Cine Club Nickelodéon che promuove film americani di serie B. Presidenti d’onore sono indicati Delmer Daves e King Vidor. È uno dei primi ad andare ad intervistare registi americani come John Ford, Raoul Walsh, Joseph Losey, John Huston; contribuisce a far conoscere in Francia André De Toth o Budd Boetticher e, insieme a Martin Scorsese, si adopera per la riscoperta di Michael Powell.

Gli esordi con l’attore preferito: Philip Noiret

Inizia a dirigere realizzando alcuni sketches per poi esordire nel 1973 con L’orologiaio di Saint Paul (L’horologier de Saint-Paul, del 1973), Orso d’argento al Festival di Berlino 1974. Il film ha come protagonista l’attore Philip Noiret, che diventerà uno dei collaboratori preferiti del regista. Dopo aver girato Che la festa cominci (Que la fête commence…, 1974), una raffinata meditazione sul rapporto fra potere e rivoluzione, trasposto nella Francia della reggenza. Che gli farà meritare due premi César: miglior regia e miglior sceneggiatura. Tavernier torna dietro la macchina da presa con Il giudice e l’assassino (Le juge et l’assassin, 1975), che varrà al registra d’oltralpe un altro César per la miglior sceneggiatura.

Il poeta d’oltralpe che componeva con la macchina da presa

Dopo questo impegno, però, il cineasta si prende un periodo di pausa dalle scene. Per poi tornare sul set nel 1980 con La morte in diretta (La mort en direct), candidato all’orso d’oro al Festival di Berlino. Colto, raffinato, un poeta dell’immagine su celluloide, cambia registro rispetto alla sua ultima fatica, e vira su un’estetica del racconto più centrata sull’interiorizzazione. Così, Tavernier nel 1984 riscuote un grande successo di critica presentando a Cannes Una domenica in campagna (Une dimanche à la campagne), il titolo con cui si aggiudica il riconoscimento per la miglior regia a Cannes e due César: miglior regia e miglior sceneggiatura. Un titolo che premia il suo cinema raffinato, fatto del racconto di piccole cose, gesti quasi impercettibili, che costruiscono una narrazione intensa e suggestiva. Il successo però che lo incorona definitivamente a livello internazionale arriverà con Round midnight, (A mezzanotte circa) che porterà a Tavernier il Nastro d’argento come regista del miglior film straniero. Il film racconta la storia di un tormentato sassofonista afroamericano sullo sfondo della Parigi degli anni Cinquanta

La famiglia, la musica, la città e la campagna

E ancora. Nel 1995 suscita molte polemiche la sua vittoria dell’Orso d’oro al Festival del Cinema di Berlino con L’esca (L’appât). Un anno dopo, nel 1996 dirige Capitan Conan, César come miglior regista. Seguito della sua saga sulla Prima Guerra Mondiale La vita e nient’altro (La vie et rien d’autre, 1989). Mentre nel 1997 realizza un documentario su un complesso di case popolari alla periferia di Parigi: De l’autre coté du périph. Fra gli altri suoi documentari si annovera un ritratto dello scrittore Philippe Soupault, un viaggio nelle tradizioni musicali del sud degli Usa (Mississippi Blues) e uno sguardo alla sua città natale Lyon, regard intérieur.

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