L’offensiva dei grillini anti-Draghi: una maratona online con l’appello per il no alla fiducia
Nel Movimento in frantumi, l’ultima offensiva dei pasdaran anti-Draghi si concretizza in una maratona M5s online. Un’iniziativa in corso da questa mattina alle 10: perché deputati e senatori votino no alla fiducia. È l’ultima speranza. L’ultimo gancio a cui provano ad appendersi i movimentisti in caduta libera. Una “maratona” online di 14 ore, funzionale all’appello disperato lanciato ai parlamentari 5S «affinché votino no alla fiducia al Governo Draghi». Una sorta di ancora di salvataggio. Non a caso ribattezzata “Messaggi dalla rete”. Un termine che evoca la disperazione dei naufraghi dispersi nel mare del web. Sparpagliati dopo aver rotto le righe. Il grido disperato di uno sconquassato vascello corsaro che, ormai all’ultima spiaggia, rifiuta disperatamente di approdare al governo Draghi. Tanto che, l’iniziativa lanciata da un manipolo di attivisti napoletani del Movimento 5 Stelle, punta su un inequivocabile slogan: «No a Draghi. No all’accozzaglia».
Parte la maratona M5S dei grillini in frantumi
L’evento si concluderà a mezzanotte. E, nelle dichiarazioni della vigilia approntate dagli organizzatori, intende essere un modo per «far arrivare messaggi di incoraggiamento ai portavoce del M5S. Che domani (mercoledì 17 ndr) dovranno votare, prima in Senato e poi alla Camera, la fiducia al Governo Draghi. Affinché non esitino a votare fortemente. E in massa: no». Ma un no che, nelle intenzioni dei sostenitori dell’evento, dovrà essere tombale. Perché, aggiungono i grillini refrattari a ogni tipo di accordo o concessione. Insomma, i più “barricaderi”: «Non ci interessa l’astensione, ma una reale presa di posizione che manca ormai da troppo tempo nel nostro Movimento».
Attivisti pentastellati al “redde rationem”
Gli attivisti pentastellati sono dunque al redde rationem. E convince poco il tentativo di aggiustare il tiro messo in piedi dagli organizzatori della maratona M5s parlando di necessità di «un momento di confronto sulla situazione attuale». L’iniziativa, presentata e proposta nel corso del meetup “virtuale” tenuto dagli attivisti napoletani ieri pomeriggio, inizialmente intesa come un incontro tematico sul programma da presentare alle elezioni amministrative di Napoli, è stata subito riconvertita in discussione sulla situazione del Movimento 5 Stelle: alla luce del terremoto politico in corso. E infatti, non a caso, la maggioranza degli attivisti, in testa il capogruppo in Consiglio comunale di Napoli Matteo Brambilla, ha espresso subito la propria contrarietà all’ingresso del Movimento nel Governo Draghi. Lamentando una generica preoccupazione per il futuro dello stesso Movimento.
Tra linea dura e sos, già si parla di un «Crimi dimezzato»
Insomma, per farla breve, il dramma in corso nel Movimento si avvicina al suo epilogo. Quella di domani sarà una giornata cruciale per i grillini: sia per gli esodati che per quelli schierati col governo. E non solo per il voto di fiducia a Draghi, ma anche per i dettami di una possibile nuova governance pentastellata. Come riferisce non per niente, tra gli altri, il Corriere della sera in queste ore, «in caso di varo del nuovo statuto potrebbero aprirsi dei vuoti di potere. Almeno stando alle ricostruzioni dell’ala ribelle. Non ci sarà più il capo politico e c’è chi sostiene: “Viene a mancare il nostro rappresentante legale”». E tra chi lancia sos e chi rimarca la necessità di una linea dura, già si parla di un «Crimi dimezzato». Tanto che, riporta sempre il Corriere: «In quanto membro anziano del comitato di garanzia sarà infatti esclusivamente il presidente provvisorio (in qualità di unico componente supplente) di un comitato direttivo che deve essere composto. E il suo compito sarà quello di rinnovare questo organo il prima possibile».
M5s, il clima si fa rovente: il disperato tentativo di una “mediazione finale”
Insomma, come anticipato poco fa, siamo alla fine della reggenza su cui convergono, drammaticamente per loro, un momento di crisi endemica difficile da metabolizzare a 24 ore dal voto di fiducia. Un caos di sistema che sta mandando in tilt riferimenti e linee programmatiche e che prelude inesorabilmente alla scissione: un tema sempre più ingombrante sul tavolo. Un argomento al primo posto dell’ordine del giorno che, a quanto risulta al Corriere, potrebbe essere discusso in un’assemblea congiunta di deputati e senatori con cui esperire l’ultimo, disperato tentativo di una conciliazione finale tra grillini dissidenti e organici. Un vertice che si preannuncia infuocato a cui, secondo le indiscrezioni riportate dal quotidiano di via Solferino, «potrebbe partecipare – come da richiesta di alcuni parlamentari – anche Beppe Grillo».
Aspro botta e risposta tra Fico e Barbara Lezzi
Nel frattempo, che la temperatura dell’atmosfera in casa 5S sia rovente lo dimostrerebbero anche gli stracci in volo tra Roberto Fico e Barbara Lezzi. Tra i due, nelle ultime ore, è in corso un aspro botta e risposta. Con il presidente della Camera che si affretta a puntualizzare: «Comprendo il malumore di chi non digerisce certe scelte e di chi nutre perplessità rispetto a decisioni che appaiono in contrasto con il nostro percorso. Ma dobbiamo adottare un cambio di prospettiva drastico». E che poi sottolinea polemicamente: «Il nuovo super ministero c’è». La risposta della senatrice ribelle non si fa attendere. «Ho sempre apprezzato la tua onestà intellettuale, caro Roberto, ma il tuo ultimo post è una profonda delusione. Vedi un ministero che non c’è», tuona la replica.
Diplomazia movimentista all’opera: la proposta di una sorta di «tagliando» grillino
E tra i duellanti. Lo scontro in atto su e verso Crimi. Le schermaglie estese anche ad altri esponenti 5S e il caos di un tutti contro tutti, nelle ultime ore si diffonde la voce di uno strisciante tentativo di diplomazia tra i corridoi del M5s, mirato a frenare il dissidio in atto. Così, per salvare il salvabile, c’è chi prova a puntare tutto su una sorta di «tagliando»: un nuovo voto su Rousseau a settembre per consultare gli iscritti sulla eventualità di rimanere, o meno, al governo. Un’offerta già rifiutata e in rispedita al mittente sia da una parte della fazione ribelle, che da una porzione al vertice, allineato all’esecutivo.