Tria a gamba tesa: traditori per Conte? Al governo i “volenterosi” porteranno solo voti, non idee
Tria a gamba tesa: traditori per Conte? Al governo i “volenterosi” porteranno solo voti, non idee. Nell’infuocato day after che segue lo spudorato carosello in scena ieri al Senato, l’economista interviene a gamba tesa. E riassumendo polemiche e problematiche insorte dalla pervicace ricerca dell'”ammucchiata” di governo selvaggia, su “costruttori”, ” voltagabbana” o che dir si voglia. E progetti in campo, sul Recovery Plan Tria commenta lapidario: al governo i “volenterosi” «porteranno solo voti, non un contributo» a livello di proposte. O meglio. Sulla vexata quaestio Recovery Plan, e il possibile ruolo dei “costruttori” che ieri hanno dato la fiducia a Conte, l’ex ministro dell’Economia sostiene: non porteranno un aiuto nell’elaborazione. Ma voti al governo per l’approvazione».
Tria, traditori per Conte? Porteranno solo voti, non idee
Un’analisi che non fa sconti a nessuno: né al premier, finito al centro di accuse e recriminazioni su una campagna acquisti spregiudicata. Né ai senatori che ieri hanno ufficializzato lo strappo schierandosi fuori dalle linee di riferimento indicate da partiti e coalizioni di cui facevano parte. Tanto che, nella sua disamina su governo, dissidenti. Traditori e fiducia a Conte, Tria consultato dall’Adnkronos spiega: «Non è che i senatori che si sono aggiunti ieri a sostenere il governo sono coloro che porteranno un aiuto nell’elaborazione del Recovery Plan. Ognuno può fare le scelte che meglio crede. Ma di certo, coloro che hanno deciso ieri di uscire da Forza Italia porteranno dei voti al governo per l’approvazione del Recovery. Di sicuro non un contributo di idee, o un apporto creativo nell’elaborarlo».
Recovery Plan, in 7 mesi non è stato fatto: azionato solo il metodo “bunker”
E c’è di più. Intervistato dall’Adnkronos sul via libera ottenuto ieri dal governo Conte in Senato, l’economista Giovanni Tria ha anche aggiunto: «Il Recovery plan va costruito: ma in 7 mesi non è stato fatto. È stato cambiato e migliorato in una settimana sotto la pressione e la minaccia della crisi di governo. Ma è il metodo “bunker” che non funziona. Un bunker in cui Palazzo Chigi si è asserragliato. E da cui non si ascolta nessuno. Quello che è uscito fuori era non leggibile dal punto di vista mio. Ma anche per tanti altri osservatori economisti». Insomma, per Tria, la condotta seguita dal governo si basa su approcci e metodi procedurali che non vanno bene. «Finora il Recovery Fund – sottolinea non a caso Tria – è stato elaborato in segreto. Nel chiuso del bunker. E non in condivisione, come invece è stato chiesto. E come io ho sostenuto, con l’opposizione». Specie in considerazione del fatto «che si tratta di un piano che dovrà essere portato avanti dai governi successivi. Nella prossima legislatura».
Tria: sui Recovery finora il governo ha fatto «solo l’elenco dei bisogni
Ha le idee molto chiare l’ex-ministro dell’Economia. E sempre in tema di Recovery, all’Adnkronos spiega perché e come andrebbero coinvolti investimenti privati. Pena: una mancata crescita dell’economia. Tanto che, a stretto giro Tria aggiunge: «Ci devono essere, per essere finanziati, i progetti. Che devono far parte di programmi. E il tutto deve costituire un piano. Questo piano dovrebbe dare un quadro di riferimento immediato a tutto il settore privato. Perché, senza gli investimenti privati, il Recovery plan non sarà in grado di avere un effetto significativo sulla crescita dell’economia». È questo che manca. Ed è questo che lamenta l’economista. Che poi sottolinea anche: «C’è ancora solo un elenco di bisogni. Non un elenco di progetti. Si dice: “C’è questo problema, investiremo su questo”. Benissimo. Ma quali sono progetti? Qual è il cronoprogramma? E gli strumenti per attuare i progetti?». Una raffica di interrogativi, tuttora in attesa di risposte.
Mancano all’appello progetti e strumenti
Non solo. Nel suo argomentato cahiers de doleances, Tria ricorda ancora che dopo le proteste sul Recovery, «in fretta e furia il Mef ha visto una “riscrittura”. Ma – incalza Tria – noi siamo a conoscenza di una descrizione. Quando ancora non si conoscono i progetti. Né, tantomeno, gli strumenti che verranno adottati per portare avanti i progetti». Per questo, alla domanda dell’Adnkronos sulla solidità dell’esecutivo, Tria replica pessimista: «Il governo sta in piedi perché Italia Viva glielo ha consentito, con la sua astensione. Altrimenti non avrebbe avuto la fiducia. Poi bisognerà vedere cosa accadrà più avanti. Questo sul piano parlamentare». «Per il resto – conclude Tria – «mi pare che ieri non sia risolto assolutamente nulla. Al di là della maggioranza o meno, non è stata data risposta alle questioni poste sul tappeto. Condivise da gran parte dei partiti. E che io stesso, in gran parte, condivido».