Papa Francesco parla di sport, da Zanardi a Maradona: “Io facevo il portiere, ho imparato molto»

2 Gen 2021 12:48 - di Sara Gentile
Papa Francesco

«Nessun campione si costruisce in laboratorio. A volte è accaduto, e non possiamo essere certi che non succederà ancora, anche se speriamo di no. Ma il tempo smaschera i talenti originali da quelli costruiti: un campione nasce e si rinforza con l’allenamento. Il doping nello sport non è soltanto un imbroglio, è una scorciatoia che annulla la dignità». Sono le parole di Papa Francesco in un passaggio dell’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport che si trova in edicola con una versione integrale nel “libro-enciclica” sullo sport in omaggio con Gazzetta e Sportweek.

Papa Francesco: «Prendersi cura del talento»

«Il talento è un dono ricevuto ma questo non basta: tu ci devi lavorare sopra. Allenarsi, allora, sarà prendersi cura del talento, cercare di farlo maturare al massimo delle sue possibilità. Mi vengono in mente coloro che corrono i 100 metri alle Olimpiadi: per quei pochissimi secondi, anni e anni di allenamento, senza le luci accese», prosegue il Pontefice.

«Ogni tanto leggo di qualche grande campione che è il primo ad arrivare all’allenamento e l’ultimo ad andarsene: è la testimonianza che la forza di volontà è più forte dell’abilità. Qui lo sport viaggia di pari passo con la vita: la bellezza, qualunque sia la sua declinazione, è sempre il frutto di una fiammella da tenere accesa giorno dopo giorno», conclude Papa Francesco.

«Il Movimento paralimpico è preziosissimo»

E poi ancora. «Quando vedo di che cosa sono capaci certi atleti, che portano impressa nel loro fisico qualche disabilità, rimango sbalordito dalla forza della vita. Dello sport mi piace l’idea di inclusione, quei cinque cerchi che si inanellano tra loro finendo per sovrapporsi: è un’immagine splendida di come potrebbe essere il mondo. Il movimento paralimpico è preziosissimo: non solo per includere tutti, ma anche perché è l’occasione per raccontare e dare diritto di cittadinanza nei media a storie di uomini e donne che hanno fatto della disabilità l’arma di riscatto».

L’esempio di Zanardi

E poi ancora. «Quando vedo o leggo di qualche loro impresa, penso che il limite non sia dentro di loro ma soltanto negli occhi di chi li guarda». Mesi fa Papa Francesco, attraverso la Gazzetta, aveva rivolto un pensiero ad Alex Zanardi, dopo il terribile incidente in handbike. Nell’intervista con Gazzetta il pontefice trae spunto dall’esempio di Zanardi per fare un ampio ragionamento.

«Maradona è stato un poeta»

Papa Francesco poi ricorda anche Maradona.  «In campo è stato un poeta, un grande campione che ha regalato gioia a milioni di persone, in Argentina come a Napoli. Era anche un uomo molto fragile».  Il Pontefice prosegue: «Ho un ricordo personale legato al campionato del mondo del 1986, quello che l’Argentina vinse proprio grazie a Maradona. Mi trovavo a Francoforte, era un momento di difficoltà per me, stavo studiando la lingua e raccogliendo materiale per la mia tesi. Non avevo potuto vedere la finale del Mondiale e seppi soltanto il giorno dopo del successo dell’Argentina sulla Germania, quando una ragazza giapponese scrisse sulla lavagna “Viva l’Argentina” durante una lezione di tedesco. La ricordo, personalmente, come la vittoria della solitudine perché non avevo nessuno con il quale condividere la gioia di quella vittoria sportiva».

Papa Francesco ricorda la sua infanzia

Il Papa nella lunga intervista  ricorda anche la sua infanzia quando giocava a calcio. «Fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte».

Il Papa ricorda anche  quando in Argentina andava allo stadio. «Ricordo molto bene e con piacere quando, da bambino, con la mia famiglia andavamo allo stadio, El Gasómetro. Ho memoria, in modo particolare, del campionato del 1946, quello che il mio San Lorenzo vinse. Ricordo quelle giornate passate a vedere i calciatori giocare e la felicità di noi bambini quando tornavamo a casa: la gioia, la felicità sul volto, l’adrenalina nel sangue».

«Mi piaceva il calcio e il basket»

«Poi – continua 0 ho un altro ricordo, quello del pallone di stracci, la pelota de trapo: il cuoio costava e noi eravamo poveri, la gomma non era ancora così abituale, ma a noi bastava una palla di stracci per divertirci e fare, quasi, dei miracoli giocando nella piazzetta vicino a casa. Da piccolo mi piaceva il calcio, ma non ero tra i più bravi, anzi ero quello che in Argentina chiamano un “pata dura”, letteralmente gamba dura. Per questo mi facevano sempre giocare in porta. Ma fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte… E ho giocato anche a basket, mi piaceva il basket perché mio papà era una colonna della squadra di pallacanestro del San Lorenzo».

Papa Francesco, il ricordo di Bartali

In un altro passaggio Papa Francesco ricorda anche Bartali. «Allo Yad Vashem a Gerusalemme mi raccontarono di Bartali, il leggendario ciclista che, reclutato dal cardinale Elia Dalla Costa, con la scusa di allenarsi in bicicletta, partiva da Firenze alla volta di Assisi e faceva ritorno con decine di documenti falsi nascosti nel telaio della bici che servivano per far fuggire e quindi salvare gli ebrei. Pedalava per centinaia di chilometri ogni giorno sapendo che, qualora lo avessero fermato, sarebbe stata la sua fine. Così facendo offrì una vita nuova a intere famiglie perseguitate dai nazisti, nascondendo qualcuno di loro anche a casa sua».

«Diceva, il bene si fa e non si dice»

E ancora. «Si dice che aiutò circa ottocento ebrei, con le loro famiglie, a salvarsi durante la barbarie a cui vennero sottoposti. Diceva che il bene si fa e non si dice, se no che bene è? Lo Yad Vashem lo considera “Giusto tra le nazioni”, riconoscendo il suo impegno».

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