Ha fatto il Conte-bis, ora vuole il Conte-ter. Tutte le mosse di Goffredo Bettini, leader ombra del Pd

13 Gen 2021 16:33 - di Marzio Dalla Casta
Bettini

A pronunciarne il nome con annesso aristocratico casato – Goffredo Maria Bettini Rocchi Camerata Passionei Mazzoleni – si rischia l’apnea. Infatti, per tutti è Goffredo Bettini, veltroniano per discendenza politica e gran tessitore per vocazione. Il Conte-bis che si dimena in queste ore convulse è soprattutto opera sua. Come sua è l’occhiuta vigilanza sulla partita della crisi. Da quando Renzi e Conte sono in rotta di collisione è lui che manovra per evitare il frontale. È il vero crocevia della crisi: sussurra a Zingaretti, sorveglia Di Maio, avverte Renzi, consiglia Conte, riferisce ai Pd e media con Letta (Gianni). Un attivismo che ha finito per oscurare il ruolo del suo leader (sarebbe Zingaretti). E che potrebbe persino estrarlo dalla prediletta ombra per sistemarlo in un ruolo di potere. Quello vero, concreto incisivo, non la visibilità in uso ai fru-fru che affollano i pastoni dei tiggì.

Bettini è il vero regista di Palazzo Chigi

Il carattere schivo, l’inclinazione a mediare anche quando tutto sembra perduto, la sagoma rotonda e il volto paciosamente arguto fanno di Bettini un naturale sottosegretario a Palazzo Chigi. Ovviamente, con delega alla verbalizzazione dei lavori del Consiglio dei ministri, appannaggio esclusivi degli uomini che vedono molto, ascoltano tutti e parlano poco. In alternativa, potrebbe togliere le castagne dal fuoco all’intero governo assumendo la delega al coordinamento dei nostri 007. Conte gliela darebbe subito. Sebbene del Pd, il premier lo considera uno di casa e se ne fida ormai ciecamente. Soprattutto perché ha capito che è l’uomo giusto per stabilizzare l’alleanza tra sinistra (senza Renzi) e i post-5stelle di Conte e (forse) Di Maio.

Vuole la Raggi ministro per liberare il Campidoglio

Una strada tortuosa, certo, ma che come tutte le altre parte da e arriva a Roma. È l’effetto collaterale della crisi. Tra i totoministri in circolazione ce n’è infatti più d’uno che vuole Virginia Raggi futura ministra della Famiglia. Un promoveatur che spianerebbe la strada all’intesa per il Campidoglio tra Pd e M5S con tanti auguri alla corsa solitaria di Carlo Calenda. La musica è di Conte. Le parole, però, le ha scritte Goffredo, che per questa sua confidenza con le soluzioni si è compiaciuto di autodefinirsi il «Nero Wolf della maggioranza». Sarà. A noi ricorda piuttosto la metafora del potere per il potere. Quello che tutto ammortizza e ricicla nelle pieghe delle proprie prebende. Lo stesso che sta spegnendo l’Italia.

 

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