Firenze, dipendenti comunali al lavoro per Open con Renzi sindaco. C’è l’indagine contabile
Dipendenti del Comune di Firenze indebitamente utilizzati per le attività della Fondazione Open. È l’ipotesi contenuta in un fascicolo esplorativo aperto dalla Corte dei Conti della Toscana. L’indagine si muove nella scia di quello penale sulla ex-cassaforte di Italia Viva. E che vede indagati Matteo Renzi, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, l’imprenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi. In pratica, tra parte del cosiddetto Giglio Magico. Per tutti l’ipotesi di reato è il finanziamento illecito ai partiti. Sullo sviluppo dell’inchiesta penale, la magistratura contabile vuole ora approfondire alcune circostanze emerse da informative della Guardia di finanza.
Fascicolo esplorativo della Corte dei Conti
L’obiettivo è accertare l’ipotesi del “doppio lavoro” che alcuni dipendenti comunali avrebbero svolto quando Renzi era sindaco di Firenze. Secondo i finanzieri, a gestire tra il 2012 e il 2013 la Fondazione Open (già Fondazione Big Bang) sarebbe stata «un’unica cabina di regia». Che, per gli inquirenti, «era estesa anche all’ufficio di gabinetto e alla segreteria del sindaco». Secondo le Fiamme Gialle, il personale di Palazzo Vecchio si sarebbe occupato di aspetti relativi alla Fondazione «del tutto estranei all’amministrazione comunale». Tra la segreteria dell’avvocato Bianchi, all’epoca presidente della Fondazione, e lo staff di Renzi, ci sarebbe stato infatti «un costante flusso comunicativo».
Nell’inchiesta penale sulla Fondazione Open anche la Boschi e Lotti
Nelle carte si fa anche riferimento a una dipendente della segreteria del sindaco. Questa persona avrebbe avuto in uso una carta di credito intestata alla Fondazione, usandola per pagamenti e acquisti di titoli di viaggio. Tra i beneficiari, lo stesso Renzi e Lotti. Un ultimo aspetto arriva dal materiale dell’archivio sequestrato nel novembre del 2019 a Bianchi. Vi emergerebbe infatti che l’attività di Open si svolgeva in varie sedi e uffici di Roma e Firenze, tra cui anche Palazzo Vecchio. Da qui, secondo gli inquirenti, dove venivano impartite indicazioni sia sulle strategie della Fondazione sia «sull’impiego di risorse e di spese».