Isolamento e quarantena: cosa sono, quando scattano, cosa fare. E a chi chiedere aiuto
Più di Immuni può il tam tam. Più della Asl può whatsapp. A fronte del fallimento dei sistemi di tracciamento istituzionali, una delle grandi falle in capo al governo in vista e nella gestione della seconda ondata, agli italiani entrati in contatto anche indirettamente con il Covid non resta che attrezzarsi personalmente per evitare di diffondere il contagio. E così, in attesa di una telefonata delle autorità sanitarie che forse non arriverà mai, ciascuno deve fare i conti con il proprio autoconfinamento. Ma, esattamente, cosa bisogna fare in caso di positività o di contatti con positivi? Come si gestiscono isolamento e quarantena?
La differenza tra isolamento e quarantena
Innanzitutto, bisogna distinguere: si entra in isolamento fiduciario quando c’è una positività al Covid accertata, ma non serve il ricovero presso le strutture mediche. Questa situazione riguarda circa il 90% dei positivi (su 472.348 alla data del 5 novembre, 446.701 erano in isolamento domiciliare), moltissimi dei quali restano asintomatici. La quarantena, invece, è il periodo di autoisolamento cui deve sottoporsi chi ha avuto contatti con un positivo accertato.
Primo: avvertire il medico di base
In entrambi i casi è richiesto ai cittadini di non uscire di casa e di monitorare i sintomi o l’insorgenza di sintomi. Sempre il primo passo da fare è avvertire il medico e/o il pediatra di base, che darà le prime indicazioni su come comportarsi, anche rispetto a conviventi che potrebbero non essere stati esposti al coronavirus. In alcuni casi si attiva anche la Asl di riferimento, ma per lo più bisogna entrare nell’ordine di idee di fare da soli con il supporto del medico di base.
Autoconfinamento per 10 giorni e poi il tampone
Sia l’isolamento fiduciario sia la quarantena possono terminare dopo 10 giorni e un tampone molecolare negativo (per chi è solo entrato in contatto con un positivo molecolare o antigenico). Ne basta uno. Nel caso di isolamento, i 10 giorni si calcolano dalla comparsa dei sintomi e il tampone va fatto non prima che siano passati tre giorni senza sintomi (nel caso degli asintomatici basta calcolare i 10 giorni). In caso di quarantena bisogna calcolare i 10 giorni dall’ultimo contatto con il positivo. Per la quarantena si può anche scegliere di non fare il tampone e fare solo l’autoconfinamento, che però in questo caso dovrà durare 14 giorni.
Per i test serve la prescrizione medica. E decide il dottore
In ogni caso, anche per chi è in quarantena e non solo per chi è in isolamento, non si può procedere al tampone senza la prescrizione medica. Ed è bene sapere che molti medici rifiutano di prescrivere il tampone prima che siano passati i 10 giorni dal contatto, facendo riferimento sia alle procedure indicate dalle autorità sanitarie sia agli studi scientifici che indicano come scarsamente affidabili i tamponi eseguiti prima di quel lasso di tempo, poiché un’eventuale positività potrebbe insorgere dopo.
Liberi tutti. O quasi
Se il tampone eseguito dopo 10 giorni risulta negativo si è liberi di tornare in società, sia che si sia stati in isolamento sia che si sia stati in quarantena. Se, invece, il tampone dovesse risultare ancora positivo o positivo per la prima volta l’isolamento dovrà continuare e bisognerà confrontarsi con il medico su cosa fare. Secondo le ultime normative, infatti, anche un positivo accertato, dopo 21 giorni dalla comparsa dei primi sintomi e loro in assenza, può tornare alla vita sociale.