Buone notizie dallo Spallanzani: «Il Covid varia 100 volte in meno dell’Hiv. Un bene per i vaccini»

14 Nov 2020 17:16 - di Fortunata Cerri
Spallanzani

«La variabilità genetica del coronavirus Sars-CoV-2 è da 10 a 100 volte inferiore rispetto a quella riscontrata nel virus Hiv» che causa l’Aids, per il quale ancora non esiste un vaccino. Ciò significa che il patogeno della Covid-19 «ha un genoma più stabile ed è più facile sviluppare vaccini efficaci». Lo ha sottolineato Maria Rosaria Capobianchi, docente di Biologia molecolare dell’università UniCamillus di Roma e alla guida del Laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani. «Sars-CoV-2, come tutti i virus a Rna, ha un enzima di replicazione fallace e non preciso», ha spiegato Capobianchi, a capo del team che allo Spallanzani ha isolato per la prima volta in Italia il nuovo coronavirus.

Spallanzani e la ricerca sul Covid

«Il virus quindi ha una variabilità che nell’organismo» anche di uno stesso paziente «genera una “quasi-specie”, uno sciame di virus quasi uguali, ma che presentano piccole variazioni fra loro. Potrebbe essere un meccanismo di evoluzione e di adattamento alle diverse sedi anatomiche dove il virus si replica. Lo abbiamo visto sia nel polmone sia nelle prime vie aeree respiratorie».

Eecco come si comporta il virus

Proprio il laboratorio dello Spallanzani, sottolinea una nota, è stato tra i primi al mondo a seguire questo approccio di ricerca. Dimostrando le quasi-specie anche nei virus Hiv, dell’epatite e dell’influenza. «Su circa 10 pazienti Covid-19 – ha riferito Capobianchi – abbiamo evidenziato la presenza di quasi-specie virale. In qualche caso la quasi-specie è più variabile e in altri meno. Ma la variabilità genetica del Sars-CoV-2 è da 10 a 100 volte inferiore a quella riscontrata nel virus Hiv. E non avrà risvolti di rilievo sullo sviluppo di vaccini efficaci. Perché il virus non è così “sfuggente” da eludere facilmente la risposta immunitaria protettiva come avviene per l’Hiv. Ad oggi, inoltre, non ci sono evidenze che questa variabilità all’interno di un singolo paziente sia legata a una situazione di maggiore gravità. Gli studi futuri potranno sicuramente aiutare a far chiarezza su questo aspetto».

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