Aridatece Fede! Travaglio: «Cretino chi critica Conte». Questo sì che è giornalismo senza padroni

13 Nov 2020 15:37 - di Valerio Falerni
Travaglio

Non scomodiamo la Pravda, organo ufficiale del Pcus, che ha comunque una sua grandezza. Diciamo piuttosto che siamo in presenza di una rivincita di Fede, inteso come Emilio, il giornalista più vituperato d’Italia per via della sua ostentata berlusconifilia. Ricordate? Il suo Tg4 era una sorta di paradigma del bipolarismo italiano: amato e odiato con identica intensità. Come il Cav, appunto, cui Fede dedicava editoriali e servizi grondanti zelo e mistico ardore. Mai cattiverie, però, e neppure insulti. La qualità di sommo sacerdote del berlusconismo lo esonerava dal censurare i culti minori. La sua differenza con Marco Travaglio è tutta qui.

Travaglio appiattito sul governo

Per il resto, identici sono lo zelo e il mistico ardore a servizio della causa. Che se lì si chiamava Berlusconi, qui si chiama Conte. «Cretino chi critica», ha addirittura sentenziato il direttore del Fatto Quotidiano nel consueto editoriale giornaliero. E fosse solo quello. Già, perché poi c’è tutto il resto di ogni santissimo giorno: i dati sul contagio, il derby governo-governatori, le mattane delle Regioni e quelle delle opposizioni. Non c’è pagina né riga del giornale di Travaglio che non accorra alla chiamata a sostegno del governo e soprattutto del suo nocchiero con la pochette.

Nel 2013 l’intervista (inginocchiata) a Grillo

Oggi se n’è accorto Augusto Minzolini, che sulla storia del «cretino» ha picchiato duro. Ma la questione dev’essere vecchia assai se nel giugno del 2013 toccò a Pier Luigi Battista incrociare la lama con Travaglio in un duello all’insegna dello “zerbino sarà lei“. A scatenarlo fu un’intervista del direttore del Fatto a Beppe Grillo. «La più inginocchiata della storia», scrisse il corsivista del Corriere. «A pari merito – aggiunse – con quella di Gianni Minà a Fidel Castro e di Emilio Fede a Silvio Berlusconi». Per dire che l’inclinazione viene da lontano. Poi, certo, per uno che può esibire il marchio di martire dell’antiberlusconismo, è un gioco da ragazzi accreditarsi come uno giornalista senza padroni. Ad eccezione – beninteso – del Conte di turno, impossibile da criticare senza beccarsi insulti a prescindere dallo schienadiritta di cui sopra.

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