Un marziano a Roma. In pochi giorni il candidato Calenda ha già sbagliato tutto. Anche città
Ha ragione Francesco Giro, irrequieto senatore di Forza Italia, quando dice che «Carlo Calenda è un candidato che sta già invecchiando». Il parlamentare non è uno pregiudizialmente ostile al leader di Azione. Tutt’altro. A dettargli il giudizio, dunque, non è la logica del partito preso ma una semplice constatazione. Questa: in soli due giorni Calenda ha praticamente sbagliato tutto. Giro l’ha sintetizzata utilizzando l’immagine di una rincorsa sul «vecchio Pci-Pds-Ds-Pd». Difficile dargli torto. Che senso ha catapultarsi in solitaria sul Campidoglio in segno di sfida a Zingaretti e poi pretenderne l’appoggio? Nessuno. E ancora meno, se possibile, ne ha la decisione di sfanculare la liturgia delle primarie puntando tutto sull’effetto trascinamento innescato – così pensava – dalla sua corsara discesa in campo.
Calenda ha rotto con il Pd, ma ne pretende l’appoggio
È evidente che Calenda ha sbagliato tempi e modi. Soprattutto ha sbagliato mira. Forse per strabismo politico. E sì, perché se come leader di Azione Calenda guarda a destra, come candidato sindaco di Roma inquadra la sinistra. Il rischio è che da destra e da sinistra nessuno più guardi lui. A conferma che se non sei proprio un peso massimo non conviene tentare avventure fuori dai partiti: finisci al tappeto. E che la politica non è un club per soli competenti o presunti tali. Magari – scommettiamo? – un vecchio arnese cresciuto a pane e consiglio comunale avrebbe certamente giocato meglio le proprie carte.
Sotto il Colosseo il ghe pensi mi non funziona
Di sicuro per prima cosa avrebbe scelto il target: destra o sinistra, il nuovo mercato di Azione o i vecchi compagni di partito? Dopo avrebbe agito di conseguenza, aggiustando il tiro. Calenda invece si è catapultato sulle elezioni capitoline con la grazia di un bufalo, incornando chiunque gli si parasse davanti, fosse la Raggi, il Pd o il centrodestra. Ha puntato sul ghe pensi mi scambiando l’agro romano per la pianura padana. A Milano, forse, chissà. Ma sotto il Colosseo così riesce solo a strappare un sorriso sornione. Tipico di una città che di Calenda così, e anche peggio, ne ha visti e ingoiati in abbondanza.