Nel carnevale dell’antifascismo permanente sfila anche il Pappalardo generale Antonio
Si aggiunge anche la maschera del Papallardo generale Antonio al variopinto carnevale antifascista in sfilata permanente nella politica italiana. All’allegra brigata l’ufficiale, già sottosegretario di Ciampi e ora aspirante icona degli anti-Casta orfani di Di Maio, reca in dote la tinta arancione. È il colore dei Gilet dei suoi seguaci. Li ha voluto cromaticamente ancora più carichi degli originali gialli francesi, di cui però, per fortuna, riesce a malapena ad essere solo baffuta e bonaria parodia. Fino a poco tempo fa, il suo impeto rivoluzionario si esauriva nel far scattare simboliche manette ai polsi di parlamentari intercettati nelle vicinanze del Palazzo.
Pappalardo fa l’anti-Casta, ma fu sottosegretario di Ciampi
La scenetta era più o meno questa: l’onorevole veniva circondato, un paio di ceffi gli notificavano il reati di “usurpazione di pubblica funzione” e a quel punto entrava in scena il Pappalardo generale Antonio che in “nome del popolo italiano” ne intimava l’arresto. Poi arrivavano i veri carabinieri e la pagliacciata finiva lì. Uno così in una nazione appena appena normale starebbe ai giardinetti a regale briciole di croissant ai piccioni. Nella nostra politica impazzita, invece, anche lui, persino lui, ha un suo perché. Proprio come il portinaio Antonio Buonocore, il Totò della Banda degli onesti, che rivendicava l’insostituibilità della propria mansione sottolineando come «anch’io, nella media borghesia italiana, occupo una società».
«Nelle scuole bimbi terrorizzati, come ai tempi del fascismo»
Più modestamente, invece, il generale si accontenterebbe di occupare uno strapuntino ogni tanto in un talk-show. E così sguaina l’antifascismo a conferma ufficiale che anche lui, persino lui Pappalardo generale Antonio, nella mediocre politica italiana è degno di visibilità. «Ci stanno segnalando bambini inquadrati come al tempo del fascismo, come ai tempi dei Balilla: tu ti metti fermo là, tu obbedisci, fai questo», ha dichiarato denunciando il «clima di terrore» che a suo dire si respira nelle nostre scuole. Insomma, la disciplina come disvalore. Un’enormità mai uscita dalla bocca di un militare. Morale: più che preoccuparci che il Pappalardo generale Antonio ambisca a fare il Masaniello oggi, stupiamoci che abbia fatto il carabiniere ieri.