Covid, Pregliasco: “Ce la possiamo fare a superare l’inverno, ma non dobbiamo fare sgambetti”
“Ce la possiamo fare ad affrontare l’inverno che verrà. In cui saremo ancora costretti a convivere con il coronavirus Sars-Cov-2. Potremo superarlo e ritrovarci in piedi’ a primavera. Ma non dobbiamo fare sgambetti”. Così Fabrizio Pregliasco all’Adnkronos Salute. Il virologo, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, invita a non abbassare la guardia.
Covid, Pregliasco: inverno superabile, ma senza sgambetti
“I buoni comportamenti anti-contagio restano cruciali”, insiste. “La malattia non è diversa. Ciò che è cambiata è la nostra capacità di gestirla”, prosegue. “E proprio questo si rivelerà decisivo nei prossimi mesi. Anche alla luce di due trend: una risalita dell’età media dei nuovi contagi, dopo il crollo registrato nella stagione estiva. E un aumento dei ricoveri nei reparti medici e nelle terapie intensive“.
Pregliasco fa osservare che, rispetto al 22 luglio, i ricoveri nei reparti sono triplicati da 500 a 1.500. Lo stesso quelli nelle terapie intensive. Passati da 50 a 150. Guardando ai prossimi mesi estivi, la buona notizia di queste ore è che “sicuramente l’influenza potrà non essere pesante. Come invece come la comparsa di nuove varianti virali potrebbe far temere. Questa stima – prevede il virologo – si basa sull’esperienza australiana. E dipende anche dalle misure di contenimento adottate contro la pandemia”. Insomma quest’anno l’influenza colpirà 6-8 milioni di italiani, ma il Covid potrà limitarla.
La malattia non è cambiata. E’ cambiato il modo di gestirla
Realismo, cautela e vigilanza. “E’ chiaro – prosegue Pregliasco – che ci sarà una continua progressione di focolai. E che saranno solo l’organizzazione e la capacità di contrastarli le armi per ridurne diffusione e dimensioni”. Un elemento importante da monitorare è “il carico di Covid sulle strutture sanitarie“. Carico che sta crescendo. “Tuttavia – ribadisce – finché rimane contenuto il numero di ricoverati, possiamo essere rassicurati dal fatto che la capacità di assistenza oggi è maggiore. E alcuni approcci terapeutici corretti ormai li sappiamo mettere in campo. Non è la malattia che è cambiata, e non sono cambiati in modo sostanziale nemmeno i pazienti – ripete il medico – ma è mutata la nostra capacità di affrontare e gestire il covid”.