«Sono senegalese e sostengo Salvini». La storia di Momar irrita i radical chic
«Momar Ndiaye “Salvini” è senegalese, vive in Italia da 8 anni ed è un sostenitore della Lega, tanto che il suo nickname sul suo profilo Facebook ha come secondo cognome proprio Salvini. Momar è un venditore ambulante di Pescara, commercia in vestiti e scarpe.
Il giovane senegalese a Radio Cusano Campus
«Ho lavorato per diverse aziende poi ho deciso di mettermi in proprio, ho aperto la partita iva e sono un regolare commerciante di abbigliamento e accessori», spiega Momar a Radio Cusano Campus.
Momar racconta il perché abbia una grande ammirazione per il leader della Lega: «Salvini non è razzista, lotta per il bene di tutti, nessuno vuole i delinquenti, i truffatori, i delinquenti in casa propria. «Gli stranieri che vengono in Italia devono comportarsi bene, rispettare le regole, la cultura, insomma devono rispettare il nostro paese. Non devono delinquere, spacciare e vendere i prodotti falsi».
Nella trasmissione #Cosasuccedeincittà”, condotta da Emanuela Valente, il giovane immigrato chiarisce a scanso di equivoci. «Non ho contatti con Salvini, l’ho incontrato poche volte in occasione delle sue visite a Pescara, ho solo fatto qualche foto con lui. La mia simpatia per Salvini e l’aver postato sui social le fotografie con lui mi ha portato tanti nemici. Soprattutto tra i miei connazionali che non comprendono le mie idee».
“Gli italiani razzisti? No, rispettano chi si comporta bene”
Il ragazzo senegalese dice anche altre cose, che non piacciono alla sinistra. «Non sono mai stato vittima di razzismo, mi sento perfettamente integrato con gli italiani. Se dai rispetto, se ti comporti bene, gli italiani ti rispettano e ti accettano».
“Gli immigrati devono comportarsi bene”
«Gli stranieri che vengono in Italia devono comportarsi bene, rispettare le regole, la cultura, insomma devono rispettare il nostro paese. Non devono delinquere, spacciare e vendere i prodotti falsi». Principi di buon senso. Concetti che dovrebbero essere scontati. Ma che, per una parte del Parlamento italiano, non lo sono affatto.