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Lampedusa

«Migranti nudi davanti mia figlia di 12 anni». La rabbia dell’imprenditrice di Lampedusa

Cronaca - di Gabriele Alberti - 8 Agosto 2020 - AGGIORNATO 9 Agosto 2020 alle 09:49

L’hanno ridicolizzata i soliti buonisti, irrisa per le sue disavventure alle prese da anni con i migranti di Lampedusa. Solo perché la sua esperienza e i suoi racconti non sono in linea con la narrazione ufficiale e di comodo. Lei è Rosy Matina, imprenditrice di  saltata agli onori delle cronache suo malgrado. “Hanno mangiato i miei quattro cani” è la frase che ha fatto tanto divertire gli opinionisti Tv, sempre pronti a difendere gli immigrati e a sottovalutare la realtà. A causa delle palate di fango che l’informazione mainstream le ha riservato, ora i migranti che confinano con il suo podere la irridono.

Lampedusa, il racconto: “Sono usciti in 12 da dietro un albero”

Lei è fuori di sé. Mettetevi nei suoi panni. Rosy è nata a Lampedusa quarantanove anni fa. Ebbe la brillante idea di utilizzare il podere paterno per farne un’impresa agricola. Un’idea buona che purtroppo è naufragata con la concomitanza più nefasta: l’appezzamento confina proprio con il  centro di prima accoglienza dell’isola. C’è un  buco nella recinzione – fa vedere la donna agli inviati di Libero, che ha diffuso la notizia. Quando l’hotspot esplode, i migranti prendono materassi bottiglie e birra e bivaccano sulla sua proprietà. Senza che nessuno la protegga. Anzi. Il racconto choccante che lei fa riguarda sua figlia. Tempo fa “da dietro a una pianta sono usciti in 12. Erano tunisini. Ubriachi. Ho avuto paura. Ammiccavano. Volevano offrirci dell’hashish. Uno di loro si è abbassato i pantaloni. Davanti alla mia bambina, capisci?». Rosy è  distrutta da questa situazione. Sporse denuncia.

“Non mi tutela nessuno”

«Qui su non posso più salire da sola. Non so mai chi ci trovo. A me non mi tutela un cazzo di nessuno. Ma se trovo ancora qualcuno a casa mia, te lo giuro: gli sparo». parla in preda all’esasperazione. Vedere la sua azienza agricola andare alla malora deve essere umiliante. Il suo podere è diventato un ricettacolo d’immondizia. Bottiglie spaccate, piatti di carta sporchi, materassi sporchi e laceri, per non parlare degli escrementi lasciati sul posto. In un punto del campo stava cercando di costruire una casetta. Niente. E’ a metà, fatiscente, non ci vuole molta fantasia a capire il perché: i migranti vi si erano trasferiti armi e bagagli “portandosi droghe e donne”.  Le hanno mangiato tutti gli animali della sua piccola azienda, tranne i 4 maiali. “I musulmani non mangiano la carne suina. Per la loro religione è impura”. Quanto ai cani uccisi e mangiati, la donna ha mostrato i resti del “party”. C’è poco da ridere. Chi  ride di  una storia del genere dovrebbe vergognarsi

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di Gabriele Alberti - 8 Agosto 2020