L’amaro “amarcord” di Massimo Fini: «Così il partigiano Pertini mi fece licenziare»

27 Ago 2020 18:36 - di Michele Pezza
Pertini

Il Sandro Pertini che non t’aspetti. Il “presidente partigiano” venerato dagli antifascisti “senza se” e “senza ma” che vien fuori come uno di quei gerarchetti di paese tutto fez e abuso di potere. A dipingerlo più o meno così è Massimo Fini, giornalista scomodo e con la penna sempre intinta nel curaro. Scrive sul “Fatto Quotidiano” diretto da Marco Travaglio, ma guai a incasellarlo in partiti, gruppi o cordate. È “contro” per vocazione. Ma torniamo a Pertini. Richiesto da un lettore di dare un giudizio su di lui, Fini carica la memoria per riportarla ad un episodio del giugno del 1985. Era il periodo in cui il giornalista collaborava alla Domenica del Corriere allora diretto da Pierluigi Magnaschi, attualmente alla guida di Italia Oggi.

A Pertini non piacquero le sue critiche sulla Domenica del Corriere

Pertini, quasi novantenne, era in scadenza al Quirinale. Ma ambiva a restarci se non per un altro settennato, almeno per il tempo concessogli dal destino. Ricorda Fini: «Scrissi un articolo intitolato “Il presidente ch’io vorrei” che era un identikit in controluce di un presidente totalmente all’opposto di Pertini. Pertini, infuriato, telefonò al direttore della Domenica del Corriere». Fin qui, passi pure: una sfuriata ci sta pure. È il passaggio successivo a rendere irriconoscibile Pertini. È sempre Fini a scrivere: «Pierluigi (Magnaschi, ndr), come si fa in questi frangenti, cercò di traccheggiare dicendo che quella era solo la mia opinione personale, ma che il giornale gli rinnovava tutta la sua stima. “Non faccia il furbo con me – disse Pertini – perché io sono amico del suo padrone” intendendo Gianni Agnelli».

«Al direttore disse: “Chiamo il tuo padrone”». Era Agnelli

Il resto del racconto è semplicemente incredibile. «Il giorno dopo si presentò da Magnaschi  – prosegue infatti Fini – un funzionario della casa editrice nella persona di Lamberto Sechi, il mitico direttore di Panorama, che gli disse che se non ci occupavamo più di Pertini era meglio. Un mese dopo Magnaschi, che durante la sua direzione aveva salvato l’agonizzante Domenica del Corriere, fu licenziato e, naturalmente, io persi quella collaborazione. Questo era “il Presidente democratico“». Così parlò Fini. Certo, qualcuno potrà obiettare che Pertini non può smentirlo. Potrebbe però farlo Magnaschi. Attendiamo fiduciosi anziché no.

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