La strana storia del pm Pennisi, sollevato dalla Dda mentre indagava su ‘ndrine e Pd emiliano

29 Ago 2020 14:23 - di Francesca De Ambra
Pennisi

Dove sono finiti gli indignati a comando? E i dietrologi in servizio permanente effettivo? Come pure i cultori del sospetto anticamera della verità? E – perché no? -i professionisti dell’antimafia? La domanda, anzi le domande sorgono spontanee dopo aver letto l’apertura del Riformista sulla strana storia del pm Roberto Pennisi “disapplicato” dalla Dda di Bologna mentre si accingeva ad approfondire il versante politico dell’inchiesta Aemilia sulle infiltrazioni della ‘ndrina Grande Aracri a Reggio Emilia. Un filone investigativo che portava diritto al Pd, partito da sempre egemone in quella città. E dire che l’indagine si presentava tutt’altro che campata in aria.

Pennisi interrogò Delrio sul suo viaggio a Cutro, nel crotonese

Ad accreditare, infatti, l’esistenza di relazioni pericolose tra i vertici reggiani dei dem ed esponenti della ‘ndrangheta sono informative dei Carabinieri e dei Servizi dell’Aisi. È il 17 ottobre del 2012 quando Pennisi convoca in procura Graziano Delrio, già ministro del Pd, oggi capogruppo alla Camera ed ex-sindaco della città. Il pm vuole approfondire perché proprio in tale veste, nel 2009, Delrio si sia recato a Cutro, il paese del boss Nicolino Grande Aracri, perno intorno a cui ruota l’inchiesta. Delrio nega di conoscere quel legame territoriale così come nega che il suo tour avesse finalità elettorali, considerata la folta colonia di calabresi a Reggio Emilia. Lo stesso ripete davanti alla Commissione parlamentare antimafia in un’audizione che scatena l’indignazione del Blog di Beppe Grillo, oggi suo alleato di governo.

Fu richiamato a Roma dal procuratore Roberti, oggi nel Pd

Non sono gli unici buchi dell’autodifesa di Delrio: altri riguardano la firma in calce all’atto di nomina di Maria Sergio a dirigente del settore edilizio di Reggio Emilia. Originaria di Cutro, Sergio è la moglie di Luca Vecchi, rieletto sindaco della città del Tricolore nel 2019. Ovviamente del Pd. È solo capogruppo quando in Consiglio Comunale arriva un Piano urbanistico dei parenti della consorte, che incurante di tutto firma due atti su tre. Ci pensa il marito metterci una pezza astenendosi al momento della votazione. Ma torniamo a Pennisi. Richiamato a Roma per volere dell’allora procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, attualmente europarlamentare del Pd, non avrà neppure la soddisfazione di veder coronato l’esisto della sua inchiesta. A chiuderla sarà infatti il pm Marco Mescolini. Nessun esponente del Pd vi risulterà indagato.

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