Covid, Remuzzi: «Il rischio arriva da fuori. Non è razzismo, è la verità». Lopalco: «Forse niente seconda ondata»

9 Ago 2020 15:05 - di Giorgio Sigona
Covid

«Definire la contagiosità di una malattia infettiva non è cosa semplice. In effetti, tecnicamente, non esiste una singola misura che possa definirla. È quindi molto difficile affermare in un tweet se il Covid è molto o poco contagioso. Cosa che, purtroppo, molti si azzardano a fare aggiungendo confusione a confusione». È la premessa di Pier Luigi Lopalco,  epidemiologo dell’università di Pisa, in un post su Facebook.

Covid, si può evitare la seconda ondata

«Se dovessi azzardarmi a dire la mia», afferma, «i valori molto alti di R registrati all’avvio delle ondate pandemiche di Covid sono legati alla totale suscettibilità della popolazione (è un virus pandemico), alla durata prolungata dello stato di portatore (per giorni un soggetto infetto è contagioso, anche nella fase pre-sintomatica) e alla completa assenza di misure di protezione, più che alla elevata capacità di trasmissione per singolo contatto. Se fosse così, abbiamo buone probabilità di evitare una seconda ondata. Sempre a patto che la trasmissione venga contenuta con misure di prevenzione».

Remuzzi: «Non ripetiamo gli errori di febbraio»

Un avvertimento arriva da Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri a Libero. «Stiamo attenti a non importare il Covid», afferma. «Molti tra i focolai che si sono sviluppati recentemente in Italia arrivano da fuori. Qui il razzismo non c’entra, evitiamo di ripetere gli errori dello scorso febbraio. Adesso che l’Italia è più avanti degli altri nel contenimento dell’epidemia, cerchiamo di non buttare via il lavoro fatto. Non rimescoliamo le carte, prima di riaprire a ingressi senza le precauzioni del caso dobbiamo accertarci che gli altri Paesi siano arrivati dove siamo noi adesso».

Covid, ora si fanno più test

Poi aggiunge: «Non facciamoci trarre in inganno dal numero dei contagiati, che poi vuol dire persone con tampone positivo. Se salgono, è anche perché ora li sappiamo trovare. E questa è una buona notizia. Forse gli altri Paesi li cercano ancora meglio di noi». Per Remuzzi «la situazione in Italia è sotto controllo. Qui a Bergamo non arrivano più malati da maggio e anche nel resto del Paese le terapie intensive non hanno quasi più pazienti di Covid. L’aumento dei contagi riflette il numero dei positivi al tampone, dovuto in parte al fatto che ne facciamo di più. Infatti, adesso chiunque si ricovera in ospedale, per qualsiasi ragione, viene sottoposto al test».

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