Le imprese italiane chiudono. Ma la priorità è la legge elettorale: si ricomincia il 27 luglio

2 Lug 2020 16:37 - di Michele Pezza
legge elettorale

Gli accordi si rispettano. E il Pd si fida del suo alleato grillino, ma solo fino a un certo punto. Per questo, i suoi esponenti sono andati a bussare dal premier Conte ricordandogli i veri pilastri a sostegno del suo governo: nuova legge elettorale in cambio del taglio del numero dei parlamentari. A quest’ultimo manca ormai solo il bollo del referendum confermativo. Una mera formalità, alla luce del numero di partiti schierati per il “” e dell’accorpamento all’election day di settembre che impedisce di fare una campagna elettorale, per giunta in piena estate, sul  quesito. Il primo, invece, è un libro bianco. E che s’annuncia ricco di sorprese e di insidie.

La legge elettorale sbarca a Montecitorio

La Conferenza dei capigruppo lo ha calendarizzato per l’aula di Montecitorio per il prossimo 27 luglio. È lo stesso giorno in cui la Camera discuterà anche della legge sulla trans-omofobia, giusto per far capire quali siano le vere priorità per la maggioranza mentre le imprese italiane chiudono. Ma tant’è: il Pd ha bisogno di pareggiare i conti con il M5S e punta all’incasso della nuova legge elettorale (proporzionale). L’operazione non è per nulla facile. Anzi è una di quelle classificate ad “alto rischio”. A Montecitorio sono previsti voti segreti in serie e più d’uno indizio autorizza a prevedere che tale circostanza possa riservare amare sorprese alla coalizione giallo-rossa.

Le insidie del voto segreto

A maggior ragione ora che il raggiunto accordo sul proporzionale non basta più. Italia Viva, che pure l’aveva fortemente sponsorizzato, ora lo guarda con diffidenza. Soprattutto ha paura dello sbarramento al 5 per cento che potrebbe spazzarla via. Al Pd, in realtà, basterebbe anche l’approvazione della nuova legge elettorale in quel ramo del Parlamento. Ciò, secondo Zingaretti e compagni, servirebbe a stendere una rete a protezione del prosieguo della legislatura. Difficilmente, infatti, Mattarella si predisporrebbe a sciogliere le Camere sapendo che una di esse ha già riformato la legge elettorale. L’importante, insomma, è durare.

 

 

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